Uscire dalla crisi significa rimettere l’Italia in piedi. Per farlo è necessario sacrificarsi. Su due fronti basilari: la spesa pubblica e il lavoro privato. Invece, l’Italia sta andando a fondo – siamo un paese in declino – perché da un lato non si taglia la spesa statale ma addirittura la si aumenta e dall’altro lato non si è disponibili a faticare. C’è chi ritiene che si possa venir fuori dalle gravi difficoltà del debito nazionale facendo ricorso niente meno che agli investimenti pubblici, che significa salvarsi dalle sabbie mobili tirandosi il codino. D’altra parte, non c’è da stupirsi se si crede che per rinverdire l’economia italiana sia obbligatorio che coloro che fanno concorrenza sleale diventino leali e corretti. Non riuscendo a interpretare il mondo si è addirittura inventato il concetto di concorrenza sleale mondiale. Ma il mondo non è mai sleale: fa solo il suo mestiere e per farlo non deve chiedere il permesso a nessuno. Insomma, secondo i sostenitori della spesa pubblica a oltranza, non è l’Italia a doversi adeguare all’Europa e al mondo ma, al contrario, sono l’Europa e il mondo che devono adeguarsi all’Italia.
La Seconda repubblica aveva due compiti: riformare le istituzioni e ridurre il debito. Sappiamo come è andata. Il governo Letta non è il frutto della virtù ma del vizio. La sua azione più nota è la rimessa laterale. Rimandano di giorno in giorno. Come il governo del paese era paralizzato prima quando c’erano governi di parte, così è paralizzato oggi che c’è un governo di tutti. Grillo e il suo movimento rappresentano la rabbia popolare che è cresciuta in questi venti anni bruciati. Hanno le loro ragioni, salvo constatare i loro torti che consistono nell’intangibilità della spesa e nello statalismo degli investimenti pubblici. Se il governo Monti aveva guadagnato un po’ di fiducia europea e internazionale, il governo Letta è stato sfiduciato, ad esempio, da Standard & Poor’s. Il resto lo farà la magistratura e la stessa maggioranza dell’esecutivo meno esecutivo che ci sia.
Il destino italiano, senza tagliare la spesa e senza sacrifici lavorativi, è segnato: saremo colonizzati. La colonia Italia. Purtroppo, il fenomeno è già in atto. Non solo sul piano internazionale con aziende e gruppi stranieri che acquistano e rilevano aziende, gruppi e marchi italiani, ma anche sul piano interno in cui il commercio che cresce non parla italiano ma cinese. Mentre gli italiani hanno la mente e il corpo sintonizzati su un mondo che non c’è più e non si è saputo aggiornare e riformare – i diritti, i titoli, i sindacati – gli stranieri si adeguano alla realtà e vi corrispondono così bene da crearla con il loro tempo, i loro sacrifici, la loro volontà. In questo modo non solo guadagnano soldi ma, soprattutto, conquistano mercati e affermano se stessi. Gli italiani, che vivono nel ricordo del benessere passato, confidano nei risparmi, nelle rendite e in tempi migliori. Ma quando i tempi migliori arriveranno, gli italiani si accorgeranno di non essere più padroni in casa propria. Dei diritti avranno il ricordo malinconico e i loro titoli saranno come i blasoni delle decadute famiglie nobiliari di una volta: non serviranno neanche più a far debiti.