La bella stagione non c’è più. Che belli che erano Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant sulla Lancia Aurelia che sorpasso dopo sorpasso finì giù dal dirupo portandosi via la vita di Roberto Mariani – studente in legge – e salvando Bruno Cortona – quarantenne, simpatico, nullafacente e grandissimo cialtrone. In quella commedia di Dino Risi, forse la sua commedia più commedia e più amara, c’è la bella stagione di un tempo. L’estate italiana. Oggi la si continua a chiamare estate ma non lo è più. Il Califfo lo sapeva già da tempo. Lo sapeva a pelle. Forse per questo, prima di andar via per sempre, volle ricantare ancora la sua bella E la chiamano estate che è del 1962, lo stesso anno de Il sorpasso. Lo sa il Cielo che continua a mandar giù pioggia a volontà come se fosse novembre. Lo sa la Terra negra, quella dell’Africa inquieta e quella dell’isola di Lampedusa. Lo sanno le donne di un tempo, quelle con i vestiti a fiori e le tette vive, che ripetono “quando viene la bella stagione” perché vorrebbero indietro i loro amori e le loro illusioni. Ma il tempo delle illusioni è finito da un pezzo. Come canta gente come i Baustelle: “…bambina voglio bere un’aranciata/ perché amara sfinge è la realtà/ e io non ho più l’età per riuscire ad illudermi/ no no no…”.
Questa estate, che Alberto Arbasino non riconosce più, è amara come l’aranciata. Sarà la pioggia, sarà che non ci sono più le camice a fiori degli americani, sarà che non sentiamo più il sole, sarà che la chiamano crisi ma è solo la storia che cambia con le sue nemesi e capriole, certo è che non c’è più la controra. Che estate è un’estate senza controra? Pasolini, anche lui fuori stagione, diceva che non ci sono più lucciole. Ora sono scomparse le cicale. Quegli invisibili animaletti che non c’erano e non vedevi mai ma si facevano sentire perché nelle ore più calde e fino a tarda sera cantavano e rompevano i coglioni con il loro sottofondo boschivo e alla fine dell’estate sparivano nel nulla come la Lancia Aurelia di Bruno Cortona. L’estate ha fatto la fine del Natale: a un certo punto, senza preavviso, ha cambiato sapore. E’ la vita che è fatta a questo modo: cambia e accade mentre sei intento a fare altro, dice Raffaele La Capria (ma lo hanno sempre detto in tanti).
Una volta l’estate era lunga, lunghissima. Come un’autostrada assolata o una galleria non illuminata. Iniziava gli ultimi giorni di maggio e finiva i primi giorni di ottobre. Era davvero una stagione. Un’epoca a sé all’interno dell’anno solare e professionale. Le vacanze erano lunghe, così lunghe che si chiamavano in altro modo: villeggiatura. Poco alla volta si sono ristrette, come i calzini o i pantaloni di lino lavati male. Dalla villeggiatura si è passati alla vacanza mensile, dal mese alla quindicina alla settimana e oggi siamo giunti al week-end, al fine-settimana che è la settimana sfinita. Oggi neanche agosto è più agosto. Le vacanze di massa, che iniziarono come vacanze dei signori e delle signore borghesi, sono diventate vacanze ammassate. Ammazzate. Oggi chi ce la dà più un’estate lunga con i suoi amori brevi? Quel tempo così lungo che sembrava eterno ci fa paura. Nel cosiddetto “tempo libero” – che espressione curiosa che è “tempo libero” – non sappiamo cosa fare. Lavoriamo tutta la vita – chi ha ancora un lavoro – per avere libero il tempo e quando ce l’abbiamo non sappiamo alla lettera che cazzo fare. Programmati per essere intelligenti nel lavoro, diventiamo scemi nel tempo libero. Un’estate lunga come un tempo sarebbe ricca di suicidi (che già non scarseggiano). Una volta la controra era la libertà fatta persona. Oggi non saremmo in grado di sopravvivere alla controra.
Sera. Via Rossini, Pesaro. Non fa caldo, non fa freddo. Non fa niente. Ogni tanto mi viene in mente una frase: “Che cosa meravigliosa che sei”. Come se fosse l’estate non più estate del Califfo. Come se fosse il clacson dell’Aurelia prima dell’ultima curva. Non capisco bene da dove venga. Come le donne in bicicletta che sembrano le felici note del barbiere. Arriva la ragazza del bar: “Prego, la sua aranciata amara”.