Tra le tante “fini” di cui si è parlato su queste pagine ce n’è una che muoverà al sorriso il lettore ma, superato il momento iniziale, lo incuriosirà, anche se poi, forse, lo deluderà: la fine dell’amore. Avevo promesso che sarei ritornato sul libretto del coreano Byung-Chul Han Eros in agonia (nottetempo) per parlare dell’argomento centrale del volumetto esplicito fin dal titolo: la morte di Eros o la sua trasformazione in neutra sessualità e pornografia, insomma, il sesso come merce da consumare. E’ Han un bacchettone? Viene da pensarlo. Ma l’accusa sarebbe sviante. Lo prendo allora sul serio. Perché l’amore è finito?
La fine dell’amore per il filosofo coreano non è dovuta alla grande, praticamente illimitata offerta di amore, cioè di Altri che si offrono, bensì dalla scomparsa o erosione dell’Altro. Il rapporto amoroso dovrebbe essere caratterizzato dall’esperienza che gli amanti fanno della loro stessa alterità che è negatività, evento, sorpresa, dono e non si lascia ricondurre alla sicura ripetizione dell’uguale ma, al contrario, alla diversità. Un concetto che – come si potrà capire – è molto semplice da dire ma non altrettanto da praticare. Il soggetto amoroso contemporaneo non ricerca nell’amante l’altro da sé ma il suo specchio. Il narcisismo è la forma che ha assunto l’amore: l’Altro perde tutta la sua alterità e diventa la ripetizione del soggetto che cerca amore per la soddisfazione dei suoi bisogni e la conferma di se stesso. L’amore diventa così la ripetizione sempre uguale di se stesso. Se l’amore è l’incontro con l’Altro, il narcisismo ripetendo sempre l’Uguale rende impossibile l’incontro amoroso. Il soggetto narcisistico può ripetere se stesso e la soddisfazione dei suoi bisogni, sessuali e sentimentali, all’infinito, in ogni tempo e in ogni luogo, perché fa saltare la stessa possibilità della relazione con l’Altro. Il senso del limite, che è contrassegnato proprio dalla conoscenza dell’Altro, è di fatto saltato. Il narcisista è sradicato. L’amore diventa sesso e il sesso diventa prestazione. L’Altro è sessualizzato, dunque non amato ma consumato. L’Altro è assorbito a sé e annullato. Attraverso i mezzi di comunicazione – gli stessi che sto usando ora e che saranno usati per leggere questo pezzo – l’Altro è avvicinato, la lontananza è superata fino al punto in cui l’Altro sparisce perché la lontananza non diventa vicinanza ma annullamento della distanza. Il godimento dell’Altro-Uguale è la fine dell’amore che in sé è invece sorpresa, ferimento, mancanza, offesa e, insomma, una vitalità negativa che non si lascia sfruttare e ci anima fino al punto da darci da pensare e amare.
Le cose che Han dice sull’amore e la sessualità sono condivisibili. Persino il concetto della riduzione del sesso a merce di consumo è condivisibile, anche se non va ignorato che il mercato del sesso ha un suo valore di emancipazione e libertà. Tuttavia, la critica da muovere è altra. Non posso seguire il filosofo coreano quando assolutizza il concetto della fine dell’amore fino al punto da farlo coincidere con il regime neoliberale in cui dietro un’illusoria libertà individuale c’è un progetto di emancipazione e sfruttamento in cui il singolo soggetto è sostanzialmente lo sfruttatore di se stesso, lo schiavo di sé. La formula che racchiude tutto è: ognuno è imprenditore di se stesso. La vita diventa una sorta di macchina lavorativa o di impresa in cui il progetto dell’affermazione di sé, della produzione e del consumo domina su tutto e tutti. Il liberismo diventa in questo modo – come giustamente ricordava Gianni Baget Bozzo – attraverso il consumismo la vera realizzazione del comunismo. Perché Han non si può seguire fin qui? Perché il liberismo, che nelle sue intenzioni è l’aspetto economico del narcisismo, è solo una parte della libertà umana che non esaurisce in sé. L’utilitarismo è un modo ingenuo e pericoloso di pensare e condurre la vita umana: questo è risaputo. Ma il problema sta proprio qui: nulla va assolutizzato.
Come il liberismo può essere pensato come un intero sistema sociale, come un’etica o una visione della vita che mortifica la vita, così la stessa cosa può essere fatta per l’estetica che diventa estetismo, con la politica che diventa nel migliore dei casi partitismo, con la logica che diventa ideologica, con la religione che diventa integralismo. L’assolutizzazione di un momento o forma della vita va sempre evitata perché genera forme di fanatismo o estremismo che hanno questo in comune: la cancellazione o eliminazione dell’alterità. Una estremizzazione nella quale cade lo stesso filosofo coreano quando riduce tutto il mondo a una forma del capitalismo. Proprio il concetto dell’alterità o del diverso è, invece, l’aspetto più vero e interessante del libretto di Han che andrebbe scoperto. Non a caso è anche il carattere vitale del pensiero italiano, dall’umanesimo a Croce, oltre che dell’amore.