Angelo Covato, 18 anni, assassino del valoroso carabiniere Tiziano Della Ratta, che tu sia maledetto da un dio e punito severamente dalla giustizia umana. Il nostro Dio è misericordia e solo Lui, che conosce ogni intima fibra dell’essere umano, può perdonare. Gli uomini, no. Il perdono umano sarebbe ipocrita e disumano. Ci vorrebbe un dio pagano e vendicativo per maledirti. Tu sei vivo perché Tiziano, agendo come un eroe civile, non ha sparato e ha tentato così di salvare anche te e i tuoi complici. Non c’è riuscito perché tu, credendo di essere coraggioso e potente, hai sparato con viltà dimostrando solo di essere preda della tua stessa bestia.
La ferocia con la quale ti sei mosso è stata vista da tutti. Il filmato della rapina e della sparatoria è stato diffuso dal procuratore Corrado Lembo che ha così mostrato all’Italia il volto del male. Potevi scappare senza sparare e senza uccidere. Invece, hai sparato senza pietà. Con spietatezza. I tuoi gesti sono imitazione delle scene del cinema e delle icone del nostro tempo dell’immagine. Ti pieghi sulle gambe, carichi, impugni la pistola in orizzontale con entrambe le mani e fai fuoco. Tu in quel momento non solo stai uccidendo ma stai anche eseguendo un’esecuzione. Tu non hai ucciso per difenderti ma per uccidere. La tua scena, della quale credi di essere padrone e invece ne sei posseduto, mostra l’aggressività e la ferocia criminale con cui la tua volontà di sopraffazione vuole vivere. Perciò la giustizia umana ti deve punire con rigore e severità, per ricacciare indietro questa ferocia bestiale che vuole appropriarsi del mondo delle nostre città e delle nostre contrade.
L’aggressività e la violenza giovanile io le conosco. So bene cosa possa diventare il cuore selvaggio di un ragazzo se non è formato dalla cultura del bene ma dalla cultura del male. So bene come la vitalità possa imporre se stessa non creando ma distruggendo. Non creando ma dis-creando, se si potesse dire. Ho visto la tua pagina Facebook dove dichiari la tua filosofia di vita: “Non fare un cazzo”. La tua responsabilità penale non può essere ricondotta all’influenza sociale. Ognuno di noi sceglie. Tu hai scelto di imporre te stesso con il crimine. Tu hai scelto la criminalità e la criminalità ha scelto te. Il crimine ti ha chiamato, ti ha avvicinato, ti ha mostrato cosa potevi avere in poco tempo utilizzando la tua violenza e la volontà di potenza che ti sentivi crescere dentro come la parte più attiva del tuo stesso essere. Ti hanno reclutato e hai scelto la tua strada criminale. Hai scelto la via più corta. Talmente corta che si è già interrotta. Ti sentivi infinito e immortale. Perché quando si hanno 18 anni ci si sente così: simili a un dio. Invece, sei mortale e già finito.
Ora, se sei forte, non ti pentire. Non ti pentire a comando. Il pentimento è una conversione e la conversione vuole il tempo e l’autonomia. Devi scontare la pena che sarà quella del disperato che vive la sua stessa morte senza possibilità di morire. La tua condanna sarà quella di essere ricordato come malvagio e crudele. La tua maledizione è quella di aver ucciso un uomo buono.