Morire un sabato pomeriggio in un brutto e fatiscente rione di Maddaloni per difendere una gioielleria. Andar via da casa e non ritornare più per vedere il sorriso del tuo bambino. Essere carabiniere fino in fondo. Fino a lasciare la vita sulla strada. Tiziano Della Ratta domenica scorsa passeggiava per le strade del suo paese con la famiglia e gli amici. Nella sua Sant’Agata dei Goti si sentiva a casa. Da poco era stato trasferito a Maddaloni. Ma quel paesone, il primo della provincia di Caserta, non gli piaceva. A chi può piacere Maddaloni? Attraversi le sue pur storiche strade e percepisci l’anarchia. Tiziano, che era carabiniere, lo sapeva meglio degli altri. Ma fino alla fine ha fatto il suo dovere.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso il dolore delle istituzioni. E’ una strana espressione “dolore delle istituzioni”. Sta per “dolore dello Stato”. Lo Stato prova dolore? Tiziano Della Ratta non è il primo carabiniere che muore compiendo il suo dovere. Non sarà l’ultimo. Il suo piccolo paese, Sant’Agata dei Goti, è in lutto. Lo piange. Il suo paese più grande, l’Italia, dovrebbe sentirsi vicino alla famiglia di Tiziano, alla moglie Vittoria con in braccio il figlio, il piccolo Alfonso. Non voglio toccare corde patetiche. Troppo spesso questa nostra Italia bagna le sue ciglia e mostra in mano il suo cuore ma il giorno dopo la mozione degli affetti non resta che il resto di niente. Voglio invece rimarcare che un carabiniere di trentacinque anni è morto per difendere la vita civile della sua terra. Le istituzioni e lo Stato hanno il dovere di essere all’altezza della sua morte.
La morte di Tiziano Della Ratta è parte della sua vita. Chi lo conosce lo descrive come “ragazzo d’oro”. Tiziano faceva il suo lavoro con serietà. Con passione e dedizione. La sua morte ha il valore dell’esempio. Tutti lo piangono. Era bello. Forte. Sorridente. Un uomo così è giusto piangerlo. Ma lo Stato no. Lo Stato non deve piangerlo. Deve onorarlo. Con altro esempio. Altro dovere.
Mentre a Maddaloni si sparava e Tiziano moriva, a Roma il nuovo governo cominciava a prendere seriamente forma. Ancora non è nato il governo di Enrico Letta e già dovrà partecipare a un funerale di Stato. Il neopresidente del Consiglio ha quarantasei anni. Undici in più dell’appuntato scelto di Sant’Agata dei Goti. E’ la stessa Italia, con differenze culturali e sociali, ma è la stessa Italia. La passione e la serietà del carabiniere Tiziano per il suo lavoro esprimevano il senso civile di una bella Italia che ha, se lo vuole, le forze umane per risollevarsi. Onorare la memoria di un carabiniere valoroso e un uomo serio è un compito istituzionale che il governo Letta deve sentire come suo segno di distinzione. Senza lacrime. Con serietà. La morte di Tiziano Della Ratta non merita di essere vanificata dalle stesse istituzioni che ha servito.
Le lacrime le verseranno la famiglia, gli amici, i santagatesi. E’ giusto piangere quando va via un uomo giovane che lascia la sposa e il figlio di pochi mesi. E’ giusto piangere quando muore un uomo buono. E’ giusto piangere quando la vita mostra le sue ingiustizie. Non c’è altra consolazione che il pianto. Non c’è altra forza che la forza dell’animo umano che proverà a curare la ferita che resterà per sempre. La vita non conosce altra cura che non sia se stessa. La cura è la vita del piccolo Alfonso che la sera non avrà il bacio del padre ma quando sarà grande gli sorriderà dolcemente e vorrà il diritto di lenire il dolore con l’orgoglio del riconoscimento del valore di papà Tiziano.