Nicola Sguera è un irriducibile nemico di ogni forma di governo di unità nazionale o governissimo tra destra e sinistra che con disprezzo si chiama inciucio. Ma lui stesso, qui a Benevento, è autore, artefice e protagonista di un inciucio. Con me e con Amerigo Ciervo ha dato vita alla Libera scuola di filosofia del Sannio. Se ci scattate una fotografia – a me, Nicola e Amerigo – e poi la pubblicate o postate su Facebook potete scrivere nella didascalia: “Trova l’intruso”. L’intruso, è chiaro, sono io. Perché tra Amerigo e Nicola ci sono molte differenze di pensiero e di azione ma, tutto sommato, si può dire che si respira una comune aria di famiglia. Invece, io sono proprio un intruso. Forse, addirittura impresentabile. Tuttavia, l’idea di fondo dell’iniziativa della Libera scuola di filosofia del Sannio è proprio quella di mettere insieme uomini e pensieri diversi per farli dialogare e confrontare ed esercitare così un lavoro critico utile e stimolante un po’ per tutti. Dunque, né più né meno che un inciucio, chiamiamolo pure l’inciucio beneventano.
Gli incontri al Convitto nazionale destano un certa curiosità, ma non sarebbero mai nati se i convincimenti politici di Nicola fossero stati applicati alla nostra amicizia filosofica o alla nostra amicizia e basta. Se in luogo dell’incontro avessero prevalso lo scontro e la separatezza non ci sarebbe stato modo di ascoltarsi reciprocamente, di schiarirsi le idee, di fare nuove conoscenze, di invogliarsi a nuove letture, di coltivare interessi e aprirsi al dialogo. Molto spesso la incomprensione è frutto della preclusione che decide con chi si parla e con chi no. Ma il dialogo serve proprio a discutere con chi è dall’altra parte, altrimenti si può parlare anche in molti ma il dialogo è solo un monologo a più voci. Non intendo sostenere la stantia retorica del dialogo, come se dialogare servisse a risolvere ogni problema e a far svanire ogni diversità per accomunarci in unità. Al contrario, credo che ci siano diversità irriducibili perché i modi di rispondere alla vita sono plurali e spesso incompatibili. Ma proprio qui sta la funzione del dialogo ossia la disponibilità non solo a parlare con l’altro ma anche ad ascoltarlo per provare, attraverso lui, persino a capire meglio se stesso e così a rendere le incompatibilità della vita e della politica – che a volte sono la stessa cosa – un po’ meno incompatibili. Perché proprio qui è il punto critico: se le “cose” fossero compatibili non ci sarebbero granché problemi perché a tutto si troverebbe una soluzione persino teorica; invece, le “cose” non sono compatibili e a furia di cozzare e cozzare ci si deve acconciare a trovare un po’ di decenza. Se noi attendiamo di accordarci sulla base della verità attendiamo vanamente, molto spesso invece troviamo la verità quando raggiungiamo un minimo di accordo.
La vita non è armonia o un puzzle in cui ogni tesserina va al suo posto e s’incastra alla perfezione con le altre. La vita è conflitto nelle sue più intime pieghe. Il razionalismo monista – ma anche l’irrazionalismo – ossia la convinzione che si viva bene soltanto in un solo modo è non solo falsa ma anche pericolosa. L’idea che ci sia qualcosa o qualcuno che metta tutto a posto o un tempo futuro in cui tutti i conflitti saranno risolti e sciolti in una bella armonia pacifica trasparente e pura non fa per me. Ciò che ci sarà in futuro non lo so, faccio fatica a sapere cosa ci sarà domani e diffido delle previsioni del tempo che vanno al di là delle prossime ore. Rifuggo dal settarismo e dal fanatismo e, purtroppo, l’Italia è diventata negli ultimi tempi un paese con un’alta concentrazione dell’uno e dell’altro. Il cosiddetto mondo dell’informazione e della comunicazione non aiuta a smontare i meccanismi perversi che ci sono alla base del fanatismo e, anzi, alimenta una nevrosi della cronaca minuto per minuto in cui si genera l’illusione o il mito della trasparenza assoluta il cui unico effetto reale è solo la trasformazione della morale in una esercizio di ipocrisia globale. Il fanatismo, padre della cultura del sospetto, genera dei partiti politici che sono pensati come delle sette che il più delle volte – per fortuna – diventano bande. La difficoltà italiana a venir fuori dalla crisi è anche il frutto di questa idea che con l’altro, che è impuro, non si deve avere nulla a che fare. Ha ragione Giorgio Napolitano: la demonizzazione della mediazione, dell’alleanza, del confronto è una regressione culturale. La forza e la qualità di una cultura, invece, stanno proprio nella mediazione che dal conflitto ricava libertà ed evita che degeneri nell’annientamento. Proprio lo scopo dell’inciucio beneventano.
Egregio Direttore, il Suo esempio non è calzante : Lei, Amerigo e Nicola siete diversi, è vero, ma il Vostro dialogo è lecito perchè Vi accomuna la serietà e l’onestà intellettuale finalizzate ad un obiettivo puro e disinteressato. I personaggi di cui parla Nicola (Berlusconi & Co.) sono inaffidabili, corrotti e “mariuoli” ; essi hanno dimostrato nel corso degli ultimi lustri di perseguire esclusivamente interessi di parte. Per la qual cosa, un paventato dialogo con loro può essere solo visto come un “inciucio” : Lei confonde il fanatismo ed il settarismo con il bisogno insopprimibile di una svolta radicale ad un sistema politico e di pensiero che tanto male ha fatto e sta facendo al Nostro Paese.