Riceviamo e volentieri pubblichiamo la nota inviataci da Dante Panatta in relazione all’articolo La nuova caccia alle streghe.
Gentile Giancristiano Desiderio, ho sempre letto con molta attenzione e ammirazione i suoi articoli. Non c’è stata una volta, lo sottolineo, nella quale sia stato in disaccordo con i suoi sferzanti editoriali da me ritenuti, in potenza, capaci di risvegliare non soltanto qualche coscienza ma addirittura buona parte della collettività sannita. Leggendo l’ultimo pezzo, però, quello sulla caccia alle streghe, non riesco davvero a comprendere, come si usa dire in gergo, dove Lei vuole andare a parare (ma probabilmente potrebbe essere un mio limite).
Le premetto che pur essendo beneventano di origine, a causa del mio lavoro vivo a Reggio Emilia e, negli ultimi 12-15 anni, ho girato l’Italia in lungo e in largo (più in lungo) potendo apprezzare e valutare la “civiltà” di tante città che non possono nemmeno paragonarsi, sotto il profilo storico-culturale-paesaggistico, alla Nostra amata Benevento. Vengo al dunque.
Quando ritorno a casa, allo scopo di passare qualche giornata in compagnia dei miei familiari, mi capita spesso di passeggiare per le strade del centro. Ebbene, trovare ragazzini che giocano a calcio utilizzando come “porta” dove segnare una parete dell’Arco di Traiano o della Chiesa di S. Sofia è un qualche cosa che, oltre a ferirmi e farmi incazzare (per l’ignoranza insita in tale attività, soprattutto quella dei genitori di questi ragazzini), mi fa elaborare riflessioni continue su quali possano essere le cause della nostra arretratezza e del mancato sviluppo rispetto ad altre realtà del Paese.
Purtroppo c’è davvero poco da aggiungere o contestare, se si consente a quattro ragazzini che non hanno nemmeno dieci anni di età di “sfregiare” uno dei monumenti più importanti del mondo, figuriamoci analizzare tutto il resto che non va. Allo stesso modo, possedere un cane e non assumersene le responsabilità connesse alla sua cura e vigilanza, segnatamente raccogliere gli escrementi (attività sanzionabile ai sensi del regolamento di polizia veterinaria, purtroppo mai applicato), così come pacificamente avviene anche nella città in cui vivo, denota un atteggiamento di strafottenza, misto alla solita ignoranza (le deiezioni dei cani possono trasmettere malattie), che lede il diritto degli altri consociati a poter vivere in un ambito urbano decorso.
Non credo che gli interessati facciano fare i bisogni al proprio cane sul balcone o dentro casa loro… Il contrasto di questi comportamenti vergognosi sicuramente non restituirà nel breve periodo occupazione, soldi o benessere diffuso (obiettivi che Lei forse sottende nel suo articolo), ma consentirà, specialmente per le nuove generazioni, un sentire comune per la “cosa pubblica” in grado di restituire dignità ad una città che versa in condizioni pietose. Ben venga dunque il contributo di chi, per legge, è deputato a far rispettare le regole.
La saluto nella speranza di poterLa conoscere di persona. Cordialità e buon lavoro.
Dante Panatta
———————————————-
Gentile Signor Panatta, la ringrazio per le sue parole. Tanto per gli apprezzamenti quanto per le critiche che mi permettono di chiarire quanto ho scritto. Benevento era fino a qualche anno fa una città pulita. Oggi è sporca e lurida. A sporcarla – mi creda – non sono i cani. Né a sfregiare i suoi monumenti sono i ragazzini che giocano a pallone. Se anche tutti i cani di Benevento la facessero nel vaso – cosa che, naturalmente, auspico – Benevento continuerebbe ad essere una città sporca, troppo sporca, purtroppo. Significa che c’è qualcosa che non va e questo “qualcosa che non va” proviamo a metterlo in luce da queste colonne. Per quanto riguarda l’antico gioco della palla a Piazza Santa Sofia – e persino sotto l’Arco – non posso che far notare due cose: primo, giocare non è un delitto e un’amministrazione che sente addirittura il bisogno di indicare nei ragazzini che giocano dei colpevoli mi rattrista; secondo, “palla” è parola longobarda. Ma il cuore del problema è un altro: la giunta che si è appena insediata non può fare la morale ai beneventani perché deve farla a se stessa. La cultura dell’inaugurazione e delle regole astratte a me non piace. Per me un governo, soprattutto un governo cittadino, non deve propinare una morale governativa – sulla cacca, poi – ma deve lavorare. E’ il lavoro che fa la differenza, non le paternali. Grazie per la sua cortese attenzione. (g.d.)