Cara Maria Felicia Crisci (assessore alla Cultura della Provincia), caro Raffaele Del Vecchio (assessore alla Cultura del Comune di Benevento), mi permetto con voi un tono colloquiale, legittimato (spero!) dall’antica conoscenza che ci lega.
Volevo parlarvi di quanto accaduto ieri, che mi ha dato da riflettere, ancora una volta. Per iniziativa di giovani e creativi “attivisti culturali” (Maria Elena Napodano e Flavio Ignelzi) in un locale del Trescene si sono ascoltate alcune voci poetiche del Sannio e dell’Irpinia, e si sono omaggiati “padri” nobili di quest’arte che, nella nostra provincia, non riesce a trovare né un luogo né un tempo propizi. Le persone presenti appartenevano alle generazioni le più diverse: da giovani liceali, probabilmente anch’essi poeti in erba, a mamme con bambini. La sala era piena e silenziosa per l’ora e mezza in cui sono risuonate, nella nudità più assoluta, senza effetti speciali ed altro, solo parole, offerte nella loro verità, indifese. Tutto questo è accaduto nel giorno in cui l’Unesco celebra la Giornata Mondiale della Poesia. In via Niccolò Franco, poeta grande e sfortunato della nostra terra.
Io sono stato gentilmente invitato dagli organizzatori a leggere qualche testo. La cosa mi ha riempito di orgoglio, essendo la prima volta che, malgrado una pratica ventennale, ho avuto tale possibilità. Ma non è di questo che volevo parlarvi. In un breve inciso, ho ricordato come questa città non riesca mai a dare stabilità ad eventi che collochino la poesia al centro. Potrei ricordare – in maniera incompleta – qui il Premio Traiano, “InChiostro” (promosso da Rito Martignetti), gli incontri della “rosa necessaria” e “Poesia in forma di rosa” (di cui sono stato indegno organizzatore) e fare nomi come quello della Bartolini Luongo, di Malandrino, di Emanuele Di Donato, tra i più giovani di Rita Pacilio, di Cosimo Caputo, di Carla Cirillo, di Sandro Pedicini, di Francesca Moccia. Insomma: il Sannio ha prodotto voci poetiche riconoscibili, ha potenziale pubblico della poesia (come “Poesia in forma di rosa” due anni fa ha mostrato), ha giovani dotati di straordinarie capacità organizzative e “in rete” con le altre province campane (anch’esse ricche di tradizione poetica, e parlo non solo di Napoli, ovviamente, ma anche di Avellino e Salerno in particolare).
È per questo che, a poche ore da questo evento semplice e suggestivo, mi permetto di spronarvi a rimettere nelle vostre agende, malgrado i tempi grami che ci troviamo a vivere, la poesia. Basterebbe davvero poco perché essa, nella sua libertà e bellezza (spesso, come Maria Felicia ben sa, coartata e “violentata” dal grigiore dei programmi scolastici e dal tecnicismo che imperversa nelle scuole), possa tornare a parlare in una degna dimora.
Due anni fa, caro Raffaele, avesti l’intuizione di dedicare uno spazio prezioso alla poesia all’interno di una manifestazione più ampia, “Zona Franca”. Io risposi all’appello. Ne nacque “Poesia in forma di rosa”. Dissi e scrissi che sarebbe stato bello che ogni anno la manifestazione avesse un curatore o una curatrice diversi. Per poter testimoniare l’essenza “plurale” della poesia”. Scrivo a te e a Maria Felicia per spronarvi a riprendere questo o qualunque altro progetto possa valorizzare la poesia in sé e le tante energie latenti in questa provincia che si metterebbero con entusiasmo al servizio di questo nobile compito. Ritessendo il legame con quanto fatto in passato e dando ai giovani assetati di bellezza e verità un luogo dove poter soddisfare questo bisogno.
Fiducioso in una vostra risposta positiva, in missione per conto delle Muse, vi saluto in amicizia.