La campagna della mia infanzia è solo un ricordo. Le montagne un tempo erano realmente verdi. Ora sono color cenere. Là dove c’era l’erba non c’è neanche più la merda. C’è l’amianto. Perciò i fiori non spuntano più. L’eternit si chiama così perché è eterno. Ma non solo per la qualità. Passa il tempo, le morte stagioni, diventi un altro da quel che eri, ma l’eternit è sempre là. Perciò è eterno, l’eternit. Non perché sia indistruttibile. Ma perché è irremovibile. Nessuno lo sposta. Nessuno lo rimuove. Nessuno lo porta via. Dove stava, là sta. Precisamente, nella campagna bella e ricca dei Cotugni, a Sant’Agata dei Goti.
I Cotugni richiamano alla mente Toto Cotugno che voleva andare a vivere in campagna. Non è più possibile. Oggi la differenza tra la città e la campagna è quasi annullata. La campagna della vostra infanzia non esiste più se non nei vostri ricordi. La campagna color di cenere è avvelenata. La semina si continua a fare ma consiste nella dispersione di olio, petrolio, benzina e minerale. Un tempo ai Cotugni, quando pioveva, l’acqua impastata con la terra portava a valle e in superficie monete, monili, vasellame. Quella terra è stata sempre ricca di frutti di ogni tipo, della natura e della storia. Oggi ai Cotugni, quando piove, bisogna fare attenzione perché l’eternit frantumato si confonde nel fango e nella cenere. L’eternit che nessuno sposta – né il Comune, né la Provincia – si sposta da solo e si diffonde per la campagna che, per uso familiare e rionale, ha pur le sue coltivazioni. Ecco perché l’amianto va rimosso, tolto, portato via: perché si diffonde nella campagna e minaccia concretamente i “prodotti della terra”.
A sollevare da circa un mese il caso della campagna all’amianto è stato Giuseppe Fortunato con le pagine caudine, sempre ben curate, de Il Sannio. Il risultato della segnalazione e della denuncia è stata la recinzione. I carabinieri hanno delimitato la zona con le strisce bianche e rosse. Come a dire: pericolo, attenzione, state alla larga. La recinzione non serve praticamente a niente. Non siamo noi, infatti, che andiamo verso l’amianto ma è l’amianto che viene verso di noi. I carabinieri hanno delimitato e confinato il pericolo. Questo è il loro mestiere. Ora, però, ci vuole un altro mestiere: la rimozione. A chi tocca?
Il comune di Sant’Agata dei Goti è per sua tradizione pulito. La raccolta della spazzatura porta a porta, portone per portone, funziona. La campagna, però, è da sempre ricettacolo di rifiuti speciali e veleni. Sant’Agata dei Goti è il primo paese della Provincia e il suo territorio è molto vasto. E’ anche ricco di cave dalle quali si estraeva il tufo: a volte, finita l’estrazione è iniziata l’introduzione di non si sa bene che cosa. La difesa della campagna santagatese è da unirsi alla difesa della storia della Città. Le due cose non si possono separare perché da sempre Sant’Agata dei Goti è un borgo con la campagna. La contrada dei Cotugni, non a caso, fa parte dell’area di Faggiano che nel secolo XIX, sia pur per pochi anni, divenne comune autonomo. Ancora oggi chi va a Faggiano vi trova un piccolo nucleo urbano costituito da strade, vicoli, caseggiati che insistono intorno ad una grande villa o un palazzo gentilizio detto dei Mazzoni, dal nome di una delle famiglie della borghesia santagatese più influente tra Ottocento e Novecento. Il giardino del palazzo è molto grande, più di un ettaro, e custodisce, male, piante tradizionali ed esotiche – le statue e i vasi non più, son spariti da un pezzo – e dai confini del giardino si diparte la campagna pianeggiante che giunge fino alla chiesetta abbandonata di San Bartolomeo, ormai alle pendici del Taburno. La chiesa è spoglia e vuota. Anche Dio è scappato, come gli dèi sono fuggiti dalla campagna abbandonata.
Ho lasciato la domanda senza risposta: a chi tocca togliere l’amianto dalla campagna? Così, a naso, credo che tocchi alla Provincia perché il compito di raccogliere e smaltire i rifiuti è ora amministrato dalle Province. La campagna all’amianto, inoltre, non è privata ma pubblica. Perché, dunque, la Provincia non si muove? Ho partecipato a più di un dibattito sull’abolizione dell’ente provincia e a me che illustravo le validissime ragioni della loro abolizione mi è stato sempre spiegato con debolissime motivazioni perché non vanno abolite. La campagna all’amianto di Sant’Agata dei Goti è un’ottima occasione per dimostrare fattivamente l’utilità della Provincia invece la Provincia lo utilizza al meglio per dimostrare ancora una volta quanto sia dannosa e beffarda. Il danno non consiste tanto nell’inerzia della Provincia quanto nell’immobilità generale che si crea: tutti aspettano che si muova l’ente responsabile ma l’ente responsabile non si muove e così si crea un alibi generale dietro al quale si nascondo altre amministrazioni. E’ un ingranaggio che ha del paradossale in un comune come Sant’Agata dei Goti in cui il sindaco Carmine Valentino è anche assessore alla Provincia. Ramo? Agricoltura. Ma anche al sindaco-assessore non piace la campagna all’amianto. Vedrete, ora vedrà e provvederà. Vero, sindaco?
Molto noioso.