Caro Nicola, ti perdono, ma sii indulgente anche tu se dico che il tuo articolo sembrava scritto da una zitella inacidita, a metà strada tra Saint-Just e la sora Lella, e leggendolo ho finalmente capito – anche se un sentore ce l’avevo – perché il Caimano mi romperà i coyotes per il resto dei suoi giorni, fino a quando il Signore non lo chiamerà o il signor procuratore, più potente dell’Onnipotente, non lo arresterà. Non so se sono lucido o no, perché le cose che vediamo sono sempre un po’ velate e la lucidità e a sua volta un mito. Ma su una cosa sono lucidissimo: la repubblica delle procure non mi piace.
Il tuo modo di pensare s’inscrive alla perfezione nella logica del capro espiatorio: ritieni che una volta eliminato il Caimano, che per te è il peggio del peggio, praticamente il Male, tutto andrà a posto. Invece, nulla andrà a posto dopo, nulla va a posto prima e con questa logica nulla andrà mai a posto perché il Caimano, che divide gli italiani in chi lo ama e in chi lo odia, trae forza e alimento proprio dall’odio altrui. La logica del capro espiatorio – la colpa è sua, facciamolo fuori e vivremo felici, contenti e giusti – è l’antitesi di una decente vita democratica ma, purtroppo, appare ciclicamente nella storia italiana in cui una robusta minoranza dei miei connazionali pensa che i problemi politici e sociali si possano risolvere con il cappio o con le monetine. Forse, tu non ti spingi a tanto ma quando prendi le distanze dal Pd non perché è giustizialista, piuttosto perché lo è troppo poco, lo voglia o no ti poni su questa strada sinistra che ha in sé la logica espiatoria della violenza collettiva.
La democrazia non è, come tu dai ad intendere che sia, l’applicazione delle leggi e di quattro regolette. Se così fosse, tra democrazia e tombola non ci sarebbe alcuna differenza. Il pensiero politico più maturo – e ancor più l’esperienza che a tutti noi è maestra inascoltata – sa bene che una democrazia passabile si basa prima di tutto sulla libertà e poi, soltanto poi, sulla giustizia. Il presupposto perché ci possa essere giustizia è la libertà, mentre una democrazia che ha per sua stella polare la giustizia è un sistema carcerario in cui chi ha il potere è libero e chi non l’ha o è libero perché è sottomesso o è in galera perché è nemico del popolo. Scusa, eh, ma a me questo modo di pensare e agire, che venga da destra o da sinistra, non piace, vi ho dedicato una vita a smontarne il meccanismo infernale che c’è dietro, sotto la maschera della giustizia e del bene e figurati se lo metto da parte perché Berlusconi è il Caimano. La scelta politica non è il meglio del meglio ma solo il meno peggio. La democrazia non è il governo della legge bensì la possibilità di cambiare chi governa senza spargimento di sangue. Un esercizio che, tutto sommato, stiamo anche praticando anche se, guardando indietro, un po’ di sangue e di morti li vediamo, ma di certo non sono attribuibili al Caimano.
Alle ultime elezioni tu hai votato, se non ricordo male, per Rivoluzione civile. Il magistrato, che per candidarsi non ha neanche avvertito il bisogno di dimettersi, ha accantonato per un po’ la toga e si è proposto per governare il Paese contro un avversario politico che aveva perseguito penalmente fino al giorno prima. Purtroppo, non è un caso né unico né raro: sempre più spesso pubblici ministeri si tolgono temporaneamente la toga e fanno politica contro avversari che solo qualche giorno prima indagavano o perseguivano. Se non credo al meglio del meglio, penso che il peggio del peggio alle volte si possa individuare e così hanno fatto gli italiani che alla rivoluzione civile dei pubblici ministeri non hanno permesso di eleggere in Parlamento neanche un rappresentante. Tutto sommato gli italiani, che sono affezionati alla logica del capro espiatorio, non si spingono fino al punto da voler vivere in una democrazia o una repubblica delle procure. Basterebbe questo per capire che l’eliminazione del Caimano per via giudiziaria – per dirla con il grande Talleyrand – è peggio di un crimine: è un errore.
Caro Giancristiano, tu consideri l’elettorato di questo Paese molto più acuto ed attento di quanto in realtà non sia. Lasciando perdere l’escalation di Grillo che è il termometro di uno stato di malessere mai visto prima in Italia, la sconfitta di Berlusconi, perchè di sconfitta si tratta, nonostante i peana del suo entourage, e tuttavia la sua tenuta visti i presagi nefasti della vigilia, ci riconsegnano un Paese che conferma la propria inaffidabilità nelle urne. Se la proposta di Ingroia è stata palesemente raffazzonata e improvvisata e tutto sommato guardata con diffidenza dallo stesso elettorato di sinistra quella di Berlusconi ha rivolto lo sguardo al popolo cosiddetto delle partite iva, della piccola e media imprenditoria, spesso in disaccordo col fisco. E’ bastato che brandisse le armi del condono e dell’Imu per ridestare sentimenti viscerali e rinfrancare il suo elettorato che sappiamo bene da qual zoccolo duro è composto. Criminalizzare questa metodologia farà anche gli interessi del Caimano ma risulta difficile non aggredirla “in nuce”. La tua analisi parte dal presupposto che demonizzarlo e toglierlo di mezzo per via giudiziaria lo fortifichi e di certo è vero. Ma è anche vero che in ogni democrazia avanzata che si definisca tale un soggetto simile non avrebbe trovato cittadinanza. E fa male che invece la trovi qui. Per anni abbiamo considerato la magistratura il cane da guardia del potere costituito. Poi è accaduto che il cane abbia cominciato a mordicchiare la mano del padrone e che si sia ritrovata come una delle poche roccaforti ancora in piedi dopo Tangentopoli. Il marciume di quella classe politica non lo scopriamo adesso e neanche scopriamo che quel marciume si sia presto ricompattato in un nuovo soggetto politico, che di liberale aveva poco o nulla e di cui il nostro è diventato il nume tutelare. Noi dimentichiamo le ragioni di quella scelta politica e da vent’anni viviamo nell’impasse evitando di guardare al vero problema che non sono i giudici ndi sinistra.