Chi ha perso aveva ragione. Anzi, per rendere tutto ancora più paradossale e attuale: chi ha perso ha ragione. Oggi, numeri alla mano – numeri che mentre scrivo mutano ma si vanno stabilizzando -, l’unico governo possibile è un governo di unità nazionale. Proprio come hanno sostenuto lo sconfitto Monti e il perdente Casini. I numeri, almeno quelli, sono interpretabili fino ad un certo punto. Poi rimangono numeri che danno un solo governo immaginabile: quello che mette insieme destra, sinistra e centro. Questa è la realtà da cui ripartire. Il voto degli italiani, pur consegnandoci grandi novità – la prima è Grillo e il suo movimento -, non ci dà né un partito né una coalizione che abbia la maggioranza in entrambe le Camere. Dunque, per dirla con Bartali, tutto da rifare.
Berlusconi aveva un obiettivo: prendere il Senato. Ci è riuscito. Si potrà discutere il perché e il per come ma ciò che conta è il risultato finale. Bersani aveva un obiettivo: vincere con Vendola. Non ci è riuscito. La sinistra ancora una volta rimane al palo e non riesce a imparare dai suoi errori. Anche in questo caso si potrà discutere il perché e il per come e cose da dire sull’infantilismo della sinistra che non riesce a diventare adulta ce ne sono che ce ne sono. Ma anche in questo caso ciò che conta è il risultato. Il Pd è andato al voto guardando all’orizzonte il futuro governo Bersani mentre Vendola spargeva il famoso “profumo di sinistra”. All’orizzonte non c’è nessun governo Bersani. È il primo dato politico che va agli atti.
Il bipolarismo esce da queste elezioni ancora più malconcio di prima. Tanto che non è possibile neanche più chiamarlo bipolarismo. In campo c’è almeno un tripolarismo che, però, non sancisce alcuna vittoria del Terzo Polo. Eppure, nonostante la sconfitta, proprio la strada indicata più volte dai moderati e da Monti è l’unica percorribile per dare agli italiani e all’Italia un governo. È evidente: il bipolarismo blocca il Paese. Il tripolarismo con Grillo non lo sblocca. Come se ne esce? La sfida che quel che rimane del panorama politico della Seconda repubblica ha davanti è quella di ragionare sulla base delle istituzioni e non dei partiti. In campagna elettorale il tema del governo di unità nazionale non è stato mai menzionato. L’unico che ha preso con serietà in considerazione l’ipotesi è stato ancora una volta Monti. Come a dire che per pensare un governo e concretizzarlo bisogna tenersi stretti da una parte all’interesse nazionale e dall’altro tener presente con realismo la incapacità delle forze politiche di esprimere un esecutivo sulla base di un’autonomia di parte. Ancora una volta il Pdl e il Pd hanno davanti una situazione che mette in luce la loro inanità. Come sappiamo, non è solo un problema politico ma anche sociale ed economico. La politica è chiamata a dare risposte proprio alla difficile realtà italiana ma non è in grado di farlo neanche dopo esser passata attraverso il verdetto popolare. Anzi, oggi, rispetto a quanto accaduto nell’estate e nell’autunno del 2011, è proprio il risultato elettorale a spingere le forze politiche tra loro opposte verso un governo di unità nazionale per non lasciare l’Italia al cospetto del mondo senza una guida.
(tratto da Liberal)