di Billy Nuzzolillo
L’intervento di ieri sera di Giuliano Ferrara presso il seminario arcivescovile di Benevento ha confermato, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, che in Italia i dibattiti, anche quelli che riguardano aspetti etici di rilevante importanza, vengono affrontati con la consueta logica della strumentalità, parzialità e superficialità. Approccio da cui non si è discostato nemmeno il direttore del Foglio, che pure va annoverato tra le menti più lucide e brillanti, seppur faziose, del panorama intellettuale italiano.
Ferrara ha, infatti, giustamente e legittimamente evidenziato i boicottaggi (soprattutto economici) operati nei confronti delle associazione che, su basi volontaristiche, operano nelle strutture pubbliche al fine di limitare il più possibile il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Ha, inoltre, altrettanto giustamente e legittimamente denunciato l’assoluta carenza di politiche di assistenza nei confronti di chi, non essendo in grado di far fronte economicamente alla nascita di un figlio, decide di abortire.
Nello stesso tempo, però, ha ipocritamente e strumentalmente ignorato il problema del boicottaggio operato, per lo più strumentalmente, da quanti, trincerandosi spesso dietro la cosiddetta “obiezione di coscienza”, hanno di fatto impedito la piena ed integrale applicazione della legge 194 che, come ha evidenziato lo stesso Giuliano Ferrara, all’art. 1 “riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. Mi riferisco, in particolare, al ruolo che avrebbero dovuto svolgere le strutture pubbliche in materia di informazione e divulgazione dei metodi di contraccezione (art. 15), anche perché la stessa legge 194 sancisce in maniera inequivocabile che “l‘interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite”.
Un dibattito serio, finalizzato all’adeguamento della legge 194 alla luce dei progressi scientifici registratasi negli ultimi anni, non può prescindere da una seria valutazione di questi aspetti. Le autorità ecclesiastiche hanno dei vincoli a cui devono attenersi in tema di contraccezione. Gli intellettuali no, soprattutto se professano la loro “laicità”.