Luigi Compagna è persona schietta e se ha usato la parola yesmanismo l’ha fatto in modo consapevole. Breve riepilogo per inquadrare bene la cosa. Angelo Agrippa ha intervistato il senatore del Pdl e gli ha chiesto: ma cosa ne pensa dell’entusiasmo e dei comunicati stampa con i quali i parlamentari del Pdl hanno salutato la nuova “discesa in campo” di Berlusconi? Risposta: “E’ nettamente sgradevole il yesmanismo e non ne sono mancate dimostrazioni nelle ultime ore”. E ha aggiunto: “Ma è altrettanto sgradevole mettersi sul mercato nella speranza di ottenere accesso ad altre liste”. Conclusione: “Nessuno è obbligato a fare il parlamentare. E io, questo, l’ho messo spesso in conto”.
Partiamo dalla fine: la forza e la dignità di un uomo politico sono direttamente proporzionali alla necessità di avere a tutti i costi uno scranno parlamentare. Più si riesce ad essere liberi da questo giogo, più si è forti; viceversa, più si è sottomessi al giogo e più si è deboli ossia politicamente irrilevanti. Purtroppo, nel Paese della Casta, questa libertà non è praticata e così accade che proprio coloro che parlano di libertà e dignità sono in questi giorni impegnati nella operazione salva-seggio o conquista-seggio in cui, inevitabilmente, una certa dose di yesmanismo è inevitabile. La legge elettorale, che non a caso si chiama Porcellum, agevola l’operazione e la rende quasi necessaria: le liste elettorali bloccate sono fatte dal Capo che decide chi mandare all’inferno, chi in purgatorio e chi in paradiso. I yesman sono sempre esistiti, ma lo yesmanismo è qualcosa di più: una visione servile della vita e in tal caso della politica. Tanto che – e con il “caso Sallusti” in corso è meglio specificare – dare del yesmanista ad un politico non è reato. Il tribunale di Genova, infatti, ha assolto il disegnatore satirico Davide Sacco il quale era stato portato in tribunale con l’accusa di diffamazione dall’ex deputato di Forza Italia, Enrico Nan, proprio per le sue vignette – diciamo così – senza peli sulla lingua e per aver scritto cose così: “L’on. Nan ha perso più battaglie lui che l’Italia a Caporetto! Però è sempre lì. Penso che il termine giusto sia yesmanismo”. La sentenza di primo grado ha assolto il vignettista e il giudice ha detto che si è trattato di “legittima critica politica”. Lo yesmanismo, nel caso genovese, sarebbe stato esercitato nei confronti o a beneficio di Claudio Scajola.
Qual è il partito con il maggior tasso di yesmanismo? E’ giocoforza rispondere Pdl. Tuttavia, il fenomeno non solo è più diffuso di quanto non s’immagini, ma è universale. Neanche il movimento protestatario di Grillo ne è immune: in fondo che sono state le cosiddette “parlamentarie”, ossia le selezioni per la scelta dei candidati, se non una grande operazione-slurp per spuntare una candidatura nella speranza d’avere quello che un tempo si chiamava un “posto al sole”?
(tratto dal Corriere del Mezzogiorno)