(Sanniopress) – Caro Giancristiano, in una bella provocazione di qualche mese fa cercasti di dimostrare “perché Nicola Sguera è di destra”. Qualche giorno fa, alla presentazione della raccolta dei tuoi scritti per «Sanniopress», a proposito d’altro, dicevi che la realtà alla lunga vince sempre su un racconto falso (di essa). Pare che in questi giorni la “realtà” si sia peritata di svelare il tuo “racconto” su di me, perché in una doppietta di riflessioni su scuola e polizia mi permetti, prendendo le distanze siderali dalle tue posizioni, di mostrarti cosa significhi, nella cruda realtà, che destra e sinistra esistono ancora e che io sono di sinistra, amico mio, e tu di destra, in un tempo che certo aiuterà a fare chiarezza.
La tua tesi sulla scuola è che essa debba essere “statale” e “privata”, in maniera equilibrata, e che, anzi, la scuola “privata” salva la scuola statale, come una sua cancellazione produrrebbe una scuola “statale” ipertrofica e burocratizzata. Noi abbiamo difeso qualche notte fa, come sai, la scuola “pubblica” (tale consideriamo solo quella statale) nel momento in cui viene attaccata, con tagli assurdi, nel momento in cui si vuole abbassare del 33% lo stipendio dei docenti, cancellare la democrazia interna alle scuole. Lo scrive un docente che ha iscritto sua figlia, per la materna e le elementari, ad una “privata”. Io voglio che le scuole private esistano, ma – bada bene -, secondo Costituzione, «senza oneri per lo Stato». Io voglio pagare di tasca mia per avere qualcosa che posso trovare solo lì (perché ho analizzato i bisogni di mia figlia), ma non voglio che questa scelta gravi sulla comunità. Anzi, voglio che ogni lira della comunità serva a migliorare strutture, tecnologie e dotazioni della scuola “pubblica statale”, quella cui possono andare tutti, anche coloro che non hanno risorse economiche per mandare i figli alle private. Io non voglio che l’Italia finisca come l’America. Voglio che esista una scuola statale pubblica come luogo di pluralità e di laicità (rispetto a tutte le “fedi” e le “religioni”). Per difendere tutto questo in Italia è sorto un grande movimento, fatto da studenti e docenti, con sindacati finalmente compatti nel difendere una risorsa del nostro paese. Quello che io ho definito un “bene comune”. Caro Giancristiano, io credo che il passaggio di paradigma debba esserci. Bisogna passare dalla semplice “difesa” del “pubblico” alla costruzione del “comune”, la nuova frontiera del socialismo del XXI secolo. Questa categoria (teorizzata a livello, potremmo dire, “soft” da Mattei, Lucarelli e Rodotà, “hard” da Negri) permette di andare oltre le secche della contrapposizione pubblico/privato. E qui, credo, che si potrebbe riattivare l’insegnamento spesso frainteso di Illich, autore di un volume, te lo ricordo, che si intitolava, provocatoriamente, Descolarizzare la società. Perché su una cosa concordo con te: i rischi di burocratizzazione del sapere, consustanziali a tutte le “macchine” ipertrofiche. Ma la soluzione non è in un miracoloso e improbabile equilibrio tra pubblico e privato ma nella transizione paradigmatica dal “pubblico”al “comune”. La scuola dovrà essere uno dei luoghi privilegiati di questo accadimento trasformativo.
Il movimento degli studenti, avanguardia del “comune”, manifesta nelle piazze e nelle strade, spesso con eccessi che io per primo stigmatizzo. Ma di fronte alla rabbia di un movimento, che si fa carico del disagio intollerabile di un’intera Italia, di più di una parte corposa dell’Europa, ebbene, di fronte a questo disagio la risposta non può essere la mera repressione. È in atto, in campo sociale, una crisi dagli esiti imprevedibili. L’attuale governo ritiene di fronteggiarla solo con strumenti di ordine pubblico? Le forze dell’ordine vogliono essere mere esecutrici di ordini? Il mio augurio è che questo governo passi la mano al più presto, che intanto si sforzi di comprendere le profonde ragioni del disagio sociale, che le forze di polizia esercitino sempre il discernimento e siano anche disposte, in casi estremi, alla disobbedienza civile. Io non sono contro i poliziotti: sono con gli studenti.
Per tutti questi motivi, amico mio, io sono “di sinistra” e tu sei “di destra”. Realtà vince sogno. Come sempre.