(Sanniopress) – L’inchiesta giudiziaria sulla Asl di Benevento è appena nata e dovrà fare il suo corso. Fin da ora, però, si può sottolineare l’aspetto particolare che ne ha di fatto determinato l’esistenza: a segnalare il nuovo “caso sanitario” sannita è stato con un esposto lo stesso direttore amministrativo dell’Asl, Michele Rossi. L’invito ad indagare sull’amministrazione della sanità sannita è venuto, dunque, dall’interno e non dall’esterno e dal suo dirigente più importante. Insomma, il direttore amministrativo non si fida della sua stessa amministrazione a tal punto da chiedere alla magistratura di indagare per veder chiaro e, di fatto – e di diritto – prendere le distanze dalle gestioni amministrative (e politiche) precedenti. E’ come se l’Asl avesse avuto un infarto. Conosco Michele Rossi e so che è persona seria, se ha scelto questa strada non l’avrà fatto a cuor leggero. La sua scelta apre un nuovo capitolo della storia beneventana e sannita.
L’inchiesta arriva quando una serie di nodi istituzionali e politici stanno venendo al pettine. La Provincia è più di là che di qua, il Comune è con i debiti fino al collo e ora a completare il quadro si aggiunge la sanità che, come è già noto, non gode di ottima salute. L’offerta sanitaria e ospedaliera della nostra ex provincia rischia di essere ulteriormente declassata e ridimensionata dai tagli alla spesa che in un prossimo futuro saranno sempre più la leva che i governi, da qualunque parte verranno, potranno azionare dal momento che l’altra leva, quella fiscale, è talmente alta da non poter essere più usata. Il sistema sanitario, anche nel Sannio, è un misto di pubblico e privato e di un privato che vive sotto l’ala protettiva dei finanziamenti pubblici. Gli ospedali sono tre – il Rummo e il Fatebenefratelli a Benevento e il Sant’Alfonso de’ Liguori a Sant’Agata dei Goti – ma di fatto l’ospedale che funziona è il Rummo che non a caso ha un carico di lavoro eccessivo, soprattutto per il pronto soccorso. Il risultato è che la sanità sannita pur dando lavoro non offre servizi, se non in modo individuale ed episodico: il buon e scrupoloso medico si trova, ma ciò che manca è il sistema sanitario anche in presenza di strutture, mezzi, tecnologia, personale, finanziamenti. La concorrenza virtuosa tra il pubblico e il privato non si è mai innescata, mentre si è sviluppato un trasferimento di forze e di interessi che ha indebolito il pubblico senza far fiorire il privato.
Fino ad oggi la sanità del Sannio ha conosciuto polemiche e battaglie intorno a questo o quel dirigente, scontri tra partiti politici per assicurarsi il controllo della sanità a fini clientelari. L’ultimo caso è quello che riguarda la contestata nomina di Nicola Boccalone alla guida dell’azienda del Rummo (nomina che, in verità, sta dando buoni frutti per il miglioramento dell’offerta sanitaria del primo ospedale beneventano). Ciò che la sanità del Sannio non ha mai conosciuto è una sorta di check-up completo, un controllo del suo stato di salute complessivo per verificare la forza del cuore, il potere della mente, la massa muscolare, i fattori di rischio. Se a San Bartolomeo in Galdo c’è una struttura ospedaliera in costruzione dalla metà del Novecento, se l’ospedale di Cerreto Sannita è stato chiuso dopo lunga agonia, se l’ospedale vecchio di Sant’Agata dei Goti è stato trasferito insieme con quello di Cerreto nel nuovo centro di San Pietro mentre, al contempo, sono sorte – per fortuna – tutta una serie di cliniche e centri diagnostici che, però, ora si trovano in difficoltà per la riduzione della spesa, allora, sarà evidente che anche nel Sannio l’amministrazione della sanità è il più grande affare politico ed economico del tempo che abbiamo alle spalle ma ci ha compromesso il futuro. Tutto è destinato a cambiare o a morire e ancora una volta il cambiamento non arriverà dai soldi ma dai tagli.