(Sanniopress) – Da qualche tempo sulle pagine del Colasannio imperversa la firma dell’arguta Teresa Ferragamo, che censura senza appello gli sprechi degli amministratori di Comune e Provincia.
E così, nell’edizione di domenica, nel mirino della nostra pasionaria è finito anche l’assessore provinciale Annachiara Palmieri, che ha patrocinato “ iniziative destinate a scuole e studenti di ogni ordine e grado, come ad esempio i Cantieri di Legalità dell’associazione Sanniopress onlus, che si ripetono con insistenza ogni anno” e costano “pressappoco lo stipendio annuale di un giovane precario”. Peccato che il prestigioso foglio che ospita le mirabolanti inchieste della vispa Teresa nel solo 2010 sia costato ai contribuenti italiani ben 1.726.598,29 euro. Una cifra niente male, dunque, che avrebbe consentito – per restare in tema – di corrispondere uno stipendio dignitoso alla maggioranza dei disoccupati sanniti.
Ma tali fondi, si sa, non possono essere utilizzati diversamente in quanto destinati ai giornali per preservarne la libertà di espressione. Tema, quest’ultimo, molto caro alla Ferragamo che, come si ricorderà, lo scorso mese di febbraio saltò letteralmente dalla sedia quando l’europarlamentare del Pdl Erminia Mazzoni denunciò l’uso correntizio del giornale da parte del duo Colasanto-De Girolamo alla presenza del commissario regionale del movimento, Francesco Nitto Palma. Apriti cielo! “Siamo un giornale libero, nessuno ci impone censure”, ribatté prontamente la Ferragamo sotto lo sguardo compiaciuto del suo direttore-editore-stampatore, che apprezzò molto il suo coraggio leonino. Del resto non era la prima volta che la cronista del Colasannio si ribellava alle ingiuste accuse rivolte al suo giornale: restano, infatti, memorabili i siparietti con Viespoli o con vari amministratori comunali e provinciali.
La vispa Teresa, dunque, è un tipo tosto e non si fa intimorire neanche dai politici (che conosce molto bene avendo talvolta frequentato anche lei le stanze del potere). Ha, però, un cruccio, al pari di Luca Colasanto e Luigi Barone: un fastidioso caso di omonimia (https://www.sanniopress.it/?p=27343). Per sua sfortuna, infatti, c’è un’altra giornalista del Colasannio che ha lo stesso nome e che, a differenza sua, è ligia alle direttive (o, meglio, alle fatwā) del direttore-editore-stampatore.
E così sabato scorso è capitato che sulle pagine del giornale-simbolo della libertà di stampa nel Sannio è apparso il resoconto del convegno organizzato da Mezzogiorno Nazionale. Resoconto dal quale, a differenza delle cronache dei quotidiani Il Mattino e Ottopagine, è “misteriosamente” scomparso l’intervento di uno dei relatori, Giancristiano Desiderio. Nulla di scandaloso, per carità, se si pensa che in passato il nome di Desiderio è stato addirittura cancellato dalle graduatorie scolastiche provinciali. Ma si tratta pur sempre di un vulnus.
Un destino beffardo e crudele, insomma, per la vispa Teresa su cui ora ingiustamente incombe il sospetto di essere stata l’autrice della disdicevole censura. Proprio lei che della libertà di stampa ha fatto una ragione di vita…