(Sanniopress) – A quasi trent’anni di distanza si parla ancora tanto del giovane cronista de Il Mattino assassinato al Vomero mentre rincasava a bordo della sua Mehari. Ma, come scrive Bruno De Stefano nella prefazione del libro Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo (Giulio Perrone editore, 16 euro) “si sa ancora pochissimo, e talvolta quel che si sa non corrisponde alla verità. Si sa pochissimo del suo lavoro, del suo impegno e delle sue aspirazioni; ma soprattutto non si sa quasi nulla delle faticose indagini che hanno consentito di condannare killer e mandanti. E si continua a pensare che lo abbia ucciso la camorra mentre a pianificare e a eseguire l’omicidio sono stati due gruppi organici alla mafia siciliana”.
E’ questo il motivo che ha spinto De Stefano a tuffarsi in una meticolosa ricerca ed analisi dei documenti storici (carte processuali, articoli di giornali, sentenze), a raccontare la storia di “un ragazzo di ventisei anni finito davanti ad un plotone d’esecuzione di Cosa Nostra”.
Ma la ricerca ha soprattutto il merito di andare oltre una semplificazione che ha trasformato Giancarlo Siani in una sorta di “santino”: il giornalista-eroe giustiziato per aver coraggiosamente svelato le trame segrete della camorra.
“Leggendo gli atti delle inchieste – spiega De Stefano nell’introduzione – emerge, infatti, una storia assai più complicata nella quale si mescolano incomprensibili silenzi, palesi omissioni, tentativi di depistaggio, vuoti di memoria inspiegabili, goffe e ridicole contraddizioni: è come se, tacitamente, quasi tutte le persone che hanno circondato Siani fino alla sua morte si fossero messe d’accordo per impedire alla verità di venire completamente a galla. E il dato più sconcertante è che sono stati proprio alcuni degli “amici” di Giancarlo a seminare ostacoli lungo il percorso che ha portato alla scoperta dei colpevoli”.
Una premessa che, come negarlo, lascia inizialmente perplesso il lettore. Poi, superato il primo impatto, la lettura diventa appassionata, a dispetto della mole di documenti riportati. Le deduzioni logiche sono, infatti, il risultato dello studio approfondito delle cosiddette “carte processuali”.
Come faceva, del resto, “quel ragazzo che voleva solo fare il giornalista” e che “non era un eroe né aveva la vocazione del martirio. Non voleva sconfiggere la camorra, voleva solo raccontarla documentando gli affari sporchi dei boss e la loro rete di protezione fatta di politici collusi e imprenditori disonesti”.
Insomma, “Giancarlo Siani non era un incosciente – sostiene De Stefano -, anzi era accorto, prudente e temeva che smentite e querele potessero macchiare il suo curriculum”. Lui, abusivo alla caparbia ricerca dell’agognato praticantato, non aveva pubblicato nessuna inchiesta scottante ma, come hanno confermato diversi testimoni, stava raccogliendo materiale sui rapporti tra camorra politica e affari. E lo stava facendo molti anni prima che quest’intreccio perverso venisse alla luce a livello giornalistico e giudiziario.
A distanza di anni e nonostante i vari processi, restano tante ombre, contraddizioni e lati oscuri (come, ad esempio, il ruolo svolto dal pretore Luigi Gargiulo),
La storia di Giancarlo Siani, come ricorda ancora De Stefano, in fondo, “non è solo la storia di un giovane giornalista massacrato da killer mafiosi ma anche, e soprattutto, uno dei casi giudiziari più controversi della nostra storia recente”.
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Il libro “Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo “verrà presentato venerdì 19 ottobre alle ore 18 presso la Biblioteca Provinciale di Benevento nell’ambito della rassegna “Cantieri di legalità” promossa da Sanniopress con il patrocinio dell’assessorato provinciale all’Ambiente, che quest’anno affronta il tema: “Ambiente e informazione”.