(Sanniopress) – E’ tutto un complesso di cose che fa sì che io mi fermi qui, qui a Cusano Mutri, tra le vive pietre della case e delle chiese della Cusano di sopra e della Cusano di sotto. Perché Cusano è divisa a metà dall’architrave detto della “porta di mezzo”, che si vede bello e austero sulla scalinata di “via vicinato lungo” all’altezza della Chiesa di San Nicola, e i cusanesi, gente creativa e operosa, son divisi un po’ alla maniera degli abitanti della Fuceccio del grande Indro che stavano in alto e in basso ed erano “insuesi” e ingiuesi”. Quando vi avvicinate all’antica Cusano Mutri ve la vedete comparire in lontananza e la salita che dovete fare, un po’ triste come il naso del Bartali di Paolo Conte e come tutte le salite viste da sotto, vi spaventerà. Ma una volta in alto sarete ricompensati e vi potrete affacciare sul mondo e le sue valli e se salite in su alla finestra di un’antica torre avrete la netta sensazione di essere in un altro mondo, e un po’ vi prenderà la nostalgia per la pace che sembra dominare i campi e le colline circostanti. Ogni tanto sentirete i rintocchi delle campane delle cento chiese di questo paese e del suo feudo che fu fino al 1400 della famiglia dei Sanframondo per poi passare di mano in mano e di signore in signore come usava al tempo del regime detto antico, così verranno i Vera, i Gaetano, i Carafa e tanti altri. A far cosa? A far cassa, chiasso e a fare tante altre cose, proprio come si può ancora far oggi: tra cucina, escursioni, battute. E il tempo ideale è proprio questo: l’autunno del nostro contento.
L’autunno qui non è una stagione. E’ la stagione. I suoi frutti speciali e prelibati sono due: la castagna, che ha anche la sua bella Chiesa di Santa Maria del Castagneto resa bella e solida dalla Regola di San Benedetto, e i funghi che sono celebrati nella Sagra. Per i cusanesi la sagra dei funghi è qualcosa di più di un appuntamento stagionale che ormai è giunto alla trentaquattresima edizione: è un’industria. Gli abitanti di Cusano – tutti – di sopra e di sotto, si sono organizzati e ognuno fa la sua parte: il Comune, le associazioni, la Pro Loco, i ristoratori, gli albergatori e chiunque abbia voglia di far qualcosa di buono ché – come è noto – a questo mondo per chi voglia far qualcosa di buono c’è sempre una buona occasione. Cusano Mutri ha saputo creare la sua buona occasione con la Sagra dei funghi alla quale segue la Sagra della castagna. Ormai si parla apertamente, come ha fatto il giornalista Billy Nuzzolillo, di “modello Cusano” perché i risultati danno ragione alla industriosità dei cusanesi. Ma c’è un segreto.
Cusano Mutri, come tutti i paesi del Sannio, che a volte è un Sud un po’ più a Sud del Sud, ha conosciuto l’emigrazione. Per campare bisognava cambiare terra. La meta dove negli è andata la metà di Cusano è la Svizzera. Il segreto è proprio questo: ritornati a casa, i cusanesi hanno fatto tesoro non solo del tesoro materiale ma anche di quello spirituale e hanno portato con loro un certo spirito calvinista che si traduce nell’operosità del lavoro. Calvino e i funghi fanno oggi la “fortuna” di Cusano Mutri. A sentir dir questo i parroci del paese “protesteranno” e faranno suonare i cento campanili. Pazienza. Se ne trarrà occasione per fare più bella la sagra dei porcini che qui son fatti e cucinati e tagliati e serviti in mille modi: per primo, per secondo, per contorno e, naturalmente, per piacere.
La storia che c’è da raccontare a Cusano è quella delle tre chiese: la Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo che sta sulla Cusano alta – n’chèpe a terra – la Chiesa di San Giovanni Battista che sta nella Cusano bassa – vascia a terra – e la Chiesa di San Nicola che, come detto, sta nel mezzo e per la sua posizione centrale fu scelta come “chiesa municipale” e grazie alla intercessione di San Nicola, eletto a fuor di popolo e di clero Patrono della Terra di Cusano, ha dovuto svolgere una funzione di mediazione per portare pace tra la Chiesa di sopra e la Chiesa di sotto. E’ una storia allo stesso tempo municipale e universale o, meglio, italiana, italianissima. Tanto che per raccontarla si possono prendere a prestito le parole, già accennate, di Montanelli: “Gl’insuesi erano quelli che stavano per in su, cioè nella parte antica, intorno al castello e alla Chiesa della Collegiata; ingiuesi quelli che stavano per in giù, cioè lungo le strade provinciali che menano a Firenze, a Pisa e a Lucca”. Come vedete cambiano i termini e i luoghi ma non la storia di “chi sta sopra e chi sta sotta e ogni giorno è una lotta”, per dirla con quei meravigliosi pazzi della Banda Arbore di Quelli della notte. Sta di fatto che quelli della Terra Bassa per essere più belli e potenti di quelli della Terra Alta, ormai chiusi nella parte più antica del paese, costruirono la Chiesa di San Giovanni Battista che non a caso, con le sue cinque navate e la torre campanaria, è la più grande delle chiese di Cusano. Ma è la Chiesa degli Apostoli la più antica di Cusano e lì, sulla Terra Alta, inattaccabile anche per i saraceni e ogni malintenzionato, c’era anche il castello di cui è rimasto solo il ricordo. La leggenda vuole che durante la fusione per la campana maggiore, la campana della Vittoria, le donne ricche di Cusano abbiano versato nel bronzo monili d’oro.
(tratto dall’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno – pag. 17)