(Sanniopress) – Alla fine la montagna partorì il topolino. Dopo lo stucchevole consiglio regionale celebratosi a Villa dei Papi e l’illusione che eventuali trasmigrazioni territoriali potessero garantire i requisiti minimi di sopravvivenza, la conferenza permanente della Regione Campania con le altre Autonomie locali (cioè, Province, Comuni e Comunità Montane) ha sostanzialmente posto fine alla lenta agonia della Provincia di Benevento.
Le residue speranza di salvare il Sannio sono, infatti, affidate alla Corte Costituzionale e ad un eventuale e clamoroso dietrofront del Governo Monti, dettato dalle possibili ripercussioni del taglio delle Province sul voto politico in programma in primavera. Ovvero, le speranze sono ridotte al lumicino.
Nel frattempo, in questi giorni, si discuterà su dove ubicare il capoluogo della nuova provincia irpino-sannita e, conoscendo il diverso livello qualitativo delle due classi politiche, non è difficile prevedere che Avellino alla fine eviterà lo smacco di perdere il primato amministrativo, così come in passato riuscì a deviare il percorso dell’autostrada.
Un aspetto che, invece, viene in queste ore sistematicamente ignorato da politici e commentatori è il rischio di “balcanzizzazione” dell’ex provincia di Benevento.
A Colle Sannita hanno già avviato le procedure per passare al Molise. A Baselice stanno studiando l’iter per indire un analogo referendum. Essendo Avellino ancora più distante di Benevento, è facile prevedere che se il capoluogo della nuova provincia non dovesse essere Benevento a San Bartolomeo in Galdo, e nel Fortore più in generale, divamperà presto la fiamma secessionista.
Lo stesso, poi, potrebbe succedere nella valle del Titerno (Pietraroja, Cusano e Cerreto), nell’alto Tammaro (Morocne, Pontelandolfo, S. Croce del Sannio,) e sul versante casertano. A Limatola già ne parla da settimane e altrettanto potrebbe accadere a S. Agata dei Goti e in valle Telesina, dove la Fondo Valle Isclero consente di raggiungere il capoluogo di Terra di Lavoro in pochissimo tempo.
Insomma, il rischio è concreto e farebbero bene a preoccuparsi anche i politici irpini, che in queste settimane hanno già dimostrato di non essere all’altezza dei propri predecessori.