(Sanniopress) – Come era facilmente prevedibile, la pregiudiziale di incostituzionalità per l’articolo 17 del D.L. 95/2012 non è stata approvata e, di conseguenza, il passaggio da “soppressione e razionalizzazione” a “riordino”, non migliora di molto le cose per la Provincia di Benevento. Anzi, le rende ancor più complicate.
È certamente vero, come hanno scritto, dapprima, Mario Pedicini e, poi, Salvatore Biazzo, che la Campania è sicuramente una Regione tale da poter contenere cinque Province. Tuttavia, mutuando una vecchia pubblicità del mitico “Carosello”, si potrebbe dire: “Eh sì sì … sembra facile (riordinare le Province)”. Nella realtà, almeno a mio parere, è quasi impossibile raggiungere una soluzione soddisfacente, attesi i tempi ristretti per la redazione del piano regionale.
Prima di tutto, non è pensabile al riordino come una imposizione amministrativa per il passaggio di un Comune o di un gruppo di Comuni da una Provincia all’altra, perchè vi sarebbero le più che giuste rimostranze dei Comuni interessati, i quali, quindi, dovrebbero esprimersi con apposita delibera consiliare, in modo da rispettare il dettato costituzionale. In secondo luogo, il salvataggio di Benevento presuppone una rivoluzione in tutta la Regione, poiché è sbagliato considerare solo le Province di Avellino, Benevento e Caserta. La superficie territoriale complessiva di queste tre Province è pari a 7.501,65 Kmq., per cui Benevento, avendo una estensione di 2.070,63 kmq, ne potrebbe acquisire 291,64 da Avellino e 139,38 da Caserta. A questa superficie poi dovrebbe corrispondere una popolazione di circa 65mila unità. Gli scarni numeri, dunque, dicono che, per la riuscita del riordino a 5, è indispensabile coinvolgere anche le Province di Salerno e Napoli. Ben si comprendono quindi le enormi difficoltà da superare.
In un precedente intervento, in cui osservavo che la migliore soluzione, dal punto di vista economico, sarebbe stata quella della abolizione di tutte le Province e coevo passaggio di compiti e funzioni alle Regioni, mi riservavo di ritornare sull’argomento della migliore distribuzione degli uffici statali e regionali.
La soluzione, dunque, sarebbe quella di individuare un metodo che possa valere per tutto il territorio regionale, permettendo una diversa articolazione dello stesso.
Da questo punto di vista, ha sicuramente ragione il Sen. Viespoli quando afferma che, respingendo la pregiudiziale di incostituzionalità, si è persa un’occasione di innovazione. Ma, come si vedrà tra poco, potrà lo stesso esplicare tutta la sua abilità politica nell’ambito della Regione Campania.
È ben noto, infatti, che, con la L.R. 12/2008, è stato approvato il Piano Territoriale Regionale (PTR), il quale, basandosi prevalentemente su parametri di tipo socio-economico e organizzativi (strumenti di programmazione negoziata, distretti, parchi naturali, comunità montane), ha individuato 45 Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS), come riferimento del POR e delle politiche settoriali della Regione Campania.
L’unità territoriale sovracomunale, o di Area vasta, dovrebbe essere rappresentata, dunque, dai Sistemi Territoriali di Sviluppo. D’altronde, essi, anche aggregandosi tra loro, sono già stati protagonisti in sede di attuazione delle politiche territoriali della Regione, mediante gli Accordi di reciprocità. Inoltre, mi permetto rimarcare che l’elemento pregnante di tale scelta sarebbe quello di non sconvolgere gli attuali assetti amministrativi sub provinciali.
In definitiva, per il riordino delle Province campane ed il mantenimento dell’attuale numero, mi permetto suggerire, come metodo di lavoro, quello di ridisegnare i confini amministrativi dell’intera Regione mediante l’accorpamento di un adeguato numero di STS. E ciò, mi permetto ancora aggiungere, sarebbe valido sia nel presente caso di riordino, sia nel caso di totale abolizione.
Da parte mia, però, non posso non concludere con un riferimento al “Molisannio”. Per quei pochi o molti che seguono la vicenda del distacco dalla Campania e l’aggregazione al Molise, infatti, non è un mistero che sono favorevolissimo al progetto, senza se e senza ma, e anche a prescindere dalla cancellazione dell’Ente Provincia. Tengano ben presente i politici beneventani, quindi, che il “riordino”, se non porterà alla conservazione della Provincia, ma sopprattutto e principalmente degli uffici territoriali, sarà l’occasione per convinvere anche i più riottosi alla realizzazione del progetto.
Quando si fanno certe proposte, si corre il rischio di …fare i conti senza l’oste. Si insiste sull’idea del “Molisannio” dimenticando che in sede di Assemblea Costituente furono proprio gli esponenti molisani i più agguerriti oppositori all’istituzione di una regione “Sannio” che inglobasse le città di Benevento, Avellino e Campobasso con Benevento capoluogo regionale. Sappiamo come andarono a finire le cose : il Molise divenne regione e Benevento, grazie anche alla “spinta propulsiva” della Democrazia Cristiana di allora, entrò a far parte della regione Campania. Perciò, siamo proprio sicuri che un’ipotesi “Molisannio” farebbe piacere ai molisani ? Forse si avrebbe la loro approvazione se si mantenesse Campobasso capoluogo… In questo caso, i beneventani sarebbero disposti a “dipendere” da Campobasso anzichè da Avellino o Caserta ?
C’è bisogno, a mio avviso, di una ricostituzione di una regione appenninica sulla base dei territori abitati dai Sanniti alcuni secoli prima di Cristo. Sarebbe opportuno, insomma, cercare le forme ed i metodi adatti per arrivare all’istituzione di un’autonoma regione “Sannio”, con Benevento capoluogo, dando a quest’ultima quella centralità che la storia, ma non solo, le deve riconoscere colmando una lacuna delle passate suddivisioni amministrative dello Stato.