(Sanniopress) – La pervicacia del Governo nel volere delle norme palesemente anticostituzionali e, come si vedrà in seguito, addirittura controproducenti dal punto di vista della spesa pubblica, è inqualificabile e trova la sua ragion d’essere nella voglia di placare, almeno in parte, il sentimento anticasta che alberga nella quasi totalità degli italiani. Il risultato del referendum svoltosi di recente in Sardegna, proprio per l’abolizione delle province, ne è la più clamorosa riprova.
Tuttavia, per ben due volte (maggio 2010 e agosto 2011), governando Berlusconi, norme similari sono state fatte ritirare, giustamente, perché minate dall’anticostituzionalità. Ora, eliminato Berlusconi dal Governo, le vestali della Costituzione tacciono. Dov’è l’onnipresente e onnisciente
Zagrebelsky?
Ma l’aspetto più preoccupante della vicenda è dato dalla motivazione ufficiale, ossia il contenimento della spesa pubblica. Non ho certo la competenza di Monti e compagni, ma ardisco osservare che il complesso delle norme in tema di province e comuni non risponde ai criteri dell’economicità e, quindi, del risparmio di spesa.
Al di là dei risultati di uno studio della Banca d’Italia (G. Barone, Tema di discussione n. 823/2011), secondo cui l’introduzione di nuove province negli anni ’90 non ha prodotto benefici significativi in termini di sviluppo economico e di capitale umano, è noto, in economia aziendale, che una delle motivazioni alla base delle fusioni e acquisizioni si trova nella riduzione dei costi attraverso un migliore sfruttamento delle economie di scala.
Il processo di abolizione/accorpamento delle province può essere certamente assimilato a quello di fusione e acquisizione aziendale, per cui è lecito chiedersi se è rispettato il principio delle economie di scala. Ebbene, sempre a mio sommesso parere, la risposta è negativa. Al riguardo, è opportuno innanzitutto ricordare quanto scritto sull’Economist del luglio 2000: “Le fusioni aziendali hanno tassi di insuccesso ancora più elevati rispetto ai legami delle star di Hollywood”. E, poi, osservare che le cause degli insuccessi stanno quasi sempre nella difficoltà di gestire il processo acquisitivo.
Mi auguro di sbagliare, ma sarà proprio ciò che accadrà con la eventuale approvazione del decreto-legge 95/2012, in virtù del coacervo di norme previste per le province e i comuni.
La soluzione migliore, dal punto di vista economico, dunque, sarebbe stata quella di cancellare le Province, mediante apposita legge costituzionale, e passare in toto le funzioni alle Regioni. Con il Dl 95, invece, si va in una direzione opposta, poiché compiti e funzioni vengono parcellizzati tra gli oltre 8mila comuni italiani. Cosicché, si perderanno sicuramente le economie di scala che si sarebbero ottenute trasferendo tutte le funzioni in capo, appunto, alle Regioni.
Infine, è da aggiungere che si sarebbe potuto meglio articolare sul territorio l’organizzazione degli uffici statali e regionali. Ma di questo se ne ridiscuterà.