(Sanniopress) – Ci risiamo: ritorna la secessione interna. Se Napoli, dai rifiuti alle blatte, è la causa di tutti i mali, allora, basta recidere il cordone ombelicale che ci lega al Vesuvio e fondare un’altra regione che metta insieme tutto il resto della Campania. L’idea è del presidente della provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, che prende al balzo la palla della soppressione delle tre sorelle provinciali di Avellino, Benevento e Caserta e propone di unirle a Salerno per la nascita di quel Principato di cui lui sarebbe il novello principe. Saverio Vertone, che fu un fine indagatore dei paradossi della cultura italiana, direbbe che siamo di fronte alla classica trascendenza dell’ombelico che consiste nella pretesa di risolvere i problemi a partire dalla centralità del proprio ombelico.
Il progetto di Cirielli ha una parvenza di legittimità che gli è data dallo stesso decreto con cui il governo Monti ha tagliato una parte degli enti provinciali. Una parte, ma non tutti. Se avesse dato un taglio netto e definitivo non ci sarebbero nell’ora presente i tanti salvatori delle piccole patrie che si affannano nel voler “salvare” il Sannio, l’Irpinia, Terra di Lavoro come se il Sannio, l’Irpinia, Terra di Lavoro non esistessero anche senza le Province e le loro società miste, partecipate e derivate il cui taglio non sarà sufficiente a redimere il nostro debito sovrano ma è difficile far credere che non sia necessario. Nel vizio di sostanza del decreto del governo c’è l’appiglio del progetto secessionista e principesco di Cirielli. Ma la parvenza di legittimità del Principato non fornisce la patente della fattibilità.
Il presidente Cirielli ha senz’altro ragione nel dire che a Napoli non c’è il pozzo di San Patrizio ma un buco nero in cui finiscono tutti i nostri soldi che non tornano più indietro. Ma ha perfettamente torno quando ritiene che la soluzione giusta non sia quella di tappare il buco e distribuire meglio le risorse, bensì quella di fare un altro buco, questa volta a Salerno, per metterci dentro sempre i nostri soldi. La Campania, intesa nella sua concreta esistenza geografica e sociale, rischia di morire sotto il peso della burocrazia di Santa Lucia, ma morirebbe senz’altro sotto il peso di due burocrazie regionali. La via della secessione con la nascita di una seconda regione non servirebbe a salvare la Campania ma ad affossarla definitivamente.
Le idee secessioniste, prive di reali e serie ragioni sociali, all’interno di uno Stato nazionale e di una comunità regionale hanno in sé qualcosa di infantile e capriccioso. Chi le predica somiglia un po’ a quei ragazzini che giocano a pallone fino a quando vincono, ma quando perdono prendono il pallone e dicono: “Basta, il pallone è mio e non si gioca più”. L’infantilismo, come insegna la storia fallimentare della Seconda repubblica, è pericoloso perché è inconcludente: mentre si fanno i capricci e si eleva il proprio ombelico a misura del mondo, i problemi crescono fino a caderci addosso.
(tratto dall’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno)