(Sanniopress) – Massimo Troisi se ne andò in un caldo pomeriggio di giugno del 1994 regalandoci il Postino che, come ha scritto Renato Scarpa, “è un testamento morale che ci arricchisce facendoci educare alla bellezza dei sentimenti, delle persone, delle cose”.
Il tempo non ha cancellato il ricordo della sua straordinaria comicità, moderna e nello stesso tempo antichissima, totalmente priva di volgarità, poeticissima e colorata.
Ma l’attore di S. Giorgio a Cremano, aldilà dell’apparente approccio distratto, era invece un acuto ed attento osservatore della realtà che lo circondava, come hanno ricordato ieri sera la sorella Rosaria e Lilly Ippoliti in occasione della presentazione del libro “Oltre il respiro” (Iacobelli editore, 2011), che si è tenuta presso la Biblioteca Provinciale di Benevento nell’ambito della rassegna “Nonsololibri – Lions”.
Basta rileggere quanto scrisse a proposito dell’Italia dei suoi tempi, che è poi la stessa di oggi: “Pensate che io sia arrabbiato, indignato, schifato per quello che vedo in questi tempi nel nostro Paese? Certo che provo incazzatura, certo che vorrei fare qualcosa di concreto, me lo chiedo anch’io, a volte, se sarebbe meglio tirare fuori la rabbia e lo schifo invece che l’amore e l’amicizia. Poi, quando mi ascolto mentre parlo, e dico “indignato”, o dico “sfascio”, mi sento parlare di cose dette , e allora mi sento anche un po’ demagogico. Ormai tutti dicono tutto su questo Paese, con la scusa che tanto simm’ democratici invece questo è un paese sudamericano, travestito da democrazia, siamo alla dittatura con la convinzione di poter parlare. Parlare sì, ma poi non si può far nulla”. Chissà cosa avrebbe scritto oggi vedendo le macerie lasciate dal ventennio nefasto della Seconda Repubblica.
Il merito di Rosaria Troisi e Lilly Ippoliti sta proprio nel fatto di averci fatto conoscere, attraverso il loro bellissimo libro e la testimonianza diretta della presentazione, l’altro Troisi, quello più intimo, familiare. Non un’operazione commerciale per sfruttare un cognome famoso, come pure si potrebbe erroneamente pensare, bensì un grandissimo atto d’amore verso Massimo e la sua Napoli, come si desume sin dalla dedica: “A Roberto Saviano, un napoletano per bene come lo era Massimo, che di certo sarebbe stato uno dei suoi più appassionati sostenitori”.
Sì, perché Massimo Troisi era orgogliosamente napoletano. A Gianni Minà che lo intervistava dopo la storica vittoria del primo scudetto del Napoli e gli faceva notare i commenti velenosi che circolavano al Nord rispose con tagliente ironia: “Meglio essere campioni del Nord Africa che utilizzare un linguaggio da Sudafrica” (con evidente riferimento alla politica dell’apartheid).
Come ha scritto Erri De Luca, “(Massimo) più che di gola esce di adenoidi, un’incirconcisione della voce che non si permette un timbro adulto. E’ il rovescio fisico e morale della voce dei camorristi”. E, cioè dell’altra Napoli, quella che lui stesso detestava e cercava di cancellare attraverso l’esaltazione della veracità popolare dei personaggi che interpretava dentro e fuori dal set cinematografico.
Grazie Rosaria per averci regalato tanti bei ricordi e per lo straordinario libro “Oltre il respiro” che sin dalla copertina ci mostra tuo fratello nella sua vera essenza con un’immagine in bianco e nero che coglie a pieno il velo di malinconia che accompagnava il suo sguardo, anche quando ci faceva sorridere.
Quella stessa malinconia che, del resto, pervade ogni frammento dell’ultimo, sublime ed indimenticato capolavoro cinematografico, “Il Postino”. Grazie ancora.