(Sanniopress) – Mi permetto di (re)intervenire a breve distanza dalla mia ultima nota in quanto è evidente che l’ ultimo periodo della precisazione di Viespoli (quello sulla responsabilità del silenzio) è riferito ad una parte del mio intervento.
La vita è fatta di scelte: soprattutto la vita di un politico o di chi, in genere, ha responsabilità di leadership. Anche il silenzio può essere una scelta; ma il silenzio, per sua natura, è ambiguo. Pertanto un politico, che quando fa una scelta ne pondera tutte le possibili conseguenze, deve mettere in conto che il suo silenzio possa essere interpretato in vari modi. In pratica se esiste il silenzio responsabile ha insito una conseguente responsabilità del silenzio. Soprattutto in un momento come questo!
Pasquale oggi dice che “l’ amministrazione sprofonda nella quotidianità di una cronaca sempre più miserevole come il livello del dibattito sul confronto culturale e politico”. E’ qualcosa ma non abbastanza.
Perché poi mi domando (e gli chiedo): a questa miseria cosa stiamo opponendo? Davvero pensiamo che bastino le letterine di el Kozeh, gli articoli puntuti di Giancristiano o la resistenza degli ultimi giapponesi in consiglio comunale?
Pasquale ha insegnato a molti di noi cosa vuol dire una visione, ha parlato di “racconto” vent’anni prima che diventasse parte dell’ armamentario oratorio di Vendola, ha dato una prospettiva di “sprovincializzazione” alla Città e questo senza dover tirare fuori dal cilindro illogiche piattaforme logistiche ma “semplicemente” rompendo lo schema familistico della gestione del potere. E tutto questo non lo ha mai fatto in silenzio.
Oggi la Città è ripiegata su se stessa, ha bisogno di prospettive e di un progetto alternativo e va quindi recuperato quello spirito della proposta che ha bisogno di percorso non episodico, partecipazione, testimonianza e coordinamento.Tutte cose che non si possono fare in silenzio e che hanno bisogno di un riferimento politico-culturale.
Per molti di noi Pasquale è ancora questo riferimento che però deve essere esercitato con continuità manifesta altrimenti c’è il rischio che si possa incorrere nell’ errore di considerare, per quanto responsabile, il silenzio assenza.