(Sanniopress) – L’ospedale Alfonso Maria de Liguori di Sant’Agata dei Goti ha 256 dipendenti – dico 256 – e una percentuale di posti letto utilizzati pari ad appena il 42 per cento, dunque ben al di sotto delle metà. Queste cose al mio paese si chiamano con un nome semplice: scandalo. Che nessuno accampi scuse, di nessun genere. Così come stanno le cose la nuova struttura non sta in piedi. Due sono le strade percorribili: o si lavora o si chiude.
Dinanzi a numeri di questo genere è facile incamminarsi nelle accuse e nella demagogia. Evito sia le une sia l’altra. Invece, voglio fornirvi ancora dei numeri, per capire sempre meglio. Dunque, il nuovo ospedale può al momento contare su 20 posti letto per Medicina, 20 posti letto per Chirurgia generale, 20 posti letto per Ortopedia, dai 6 agli 8 posti letto per Cardiologia e la soluzione del day hospital per Oncologia. In breve tempo potrebbe anche essere attiva la rianimazione con un aggiunta di altre 3 o 4 posti letto. Sappiamo che la Asl sta lavorando in questa direzione per permettere al più presto l’apertura del reparto di rianimazione che è di per sé “vitale” perché consente di essere da supporto e sicurezza anche per gli altri reparti che così possono lavorare con maggior tranquillità. Mettendo insieme da una parte la struttura, i mezzi, la tecnologia e dall’altra il personale medico e paramedico il quadro che emerge è quello di un presidio ospedaliero importante che ha grandi potenzialità di crescita e che può offrire un servizio medico e di assistenza di tutto rispetto. Ciò nonostante, però, il presidio ospedaliero che è centrale rispetto alla Valle Telesina e alla Valle Caudina e a cavallo tra Benevento e Caserta, non cresce, non si sviluppa e ha un lavoro medico di gran lunga al di sotto dei suoi mezzi, dotazioni e potenzialità.
Una riflessione è necessaria. Il problema del mancato sviluppo del nuovo ospedale di Sant’Agata dei Goti è un problema di pubblico impiego. I mezzi e il personale ci sono. Ciò che manca è la cura. Intesa non solo in senso medico ma anche in senso morale o comportamentale. Perché un ospedale cresca c’è bisogno che chi ci lavora ne abbia cura. Abbia cura dell’ospedale, dei pazienti, dei servizi, di se stesso e della sua professionalità. Bisogna lasciare a casa la mentalità del “posto fisso” e darsi da fare. Bisogna lasciare a casa la burocratizzazione della vita ospedaliera. Bisogna lasciar cadere gli alibi del tipo: “Manca questo, non c’è quello, stiamo aspettando che l’Asl ci dia”. L’ospedale non è un luogo di attesa, né un ufficio di collocamento, né una sala lettura. Bisogna guardarsi intorno e capire su che cosa puntare. L’ospedale Rummo di Benevento non può essere al servizio di tutta la provincia beneventana e l’ospedale di Sant’Agata dei Goti ha il dovere di contrarsi su alcune specializzazioni che o non ci sono al Rummo o sono sovraffollate. Ma, proprio facendo leva sulla sua ottima posizione geografica, il presidio ospedaliero santagatese ha anche la possibilità di avere attenzione e pazienti dall’area casertana.
Le cose scritte in questo articolo sono dette a ragion veduta. Chi scrive ha in passato, prossimo e remoto, lottato per difendere l’ospedale santagatese ma oggi sa che l’apertura e lo sviluppo del servizio ospedaliero non dipende né dall’Asl beneventana né dalla Regione ma unicamente dalle risorse umane dell’ospedale. Il vecchio ospedale di Sant’Agata dei Goti e il vecchio ospedale di Cerreto Sannita non ci sono più. Quella è una realtà ormai superata che è bene lasciarsi alle spalle. Perché pensare al passato è pericoloso per tutti. La chiusura del nuovo ospedale santagatese non significa la riapertura del vecchio ospedale di Cerreto e del vecchio San Giovanni di Dio. Ciò che conta non è quanto accaduto ieri ma quanto non accade oggi. I piccoli ospedali, cioè gli ospedali in cui i servizi sanitari fanno registrare delle percentuali molto basse, sono pericolosi perché la cura medica si fa sull’esperienza e le professionalità crescono su se stesse e si perfezionano proprio con il lavoro e la cura medica. La medicina è una pratica e senza pratica non crescono professionalità di alcun genere. L’ospedale di Sant’Agata dei Goti è piccolo nella percentuale delle degenze e delle cure ma grande nella struttura e nel personale assunto. E’ una situazione che così com’è non è destinata a durare a lungo. Ad una grande struttura ospedaliera per mezzi e personale deve corrispondere una percentuale di degenze e cure pari almeno al 75 per cento delle sue potenzialità. Il destino dell’ospedale di Sant’Agata dei Goti è nelle mani di chi ci lavora: dirigenti, medici, infermieri.