(BeneComune.info) – Caro presidente Costanzo, lei mi ringrazia perché ho preso in considerazione le sue riflessioni sul destino della Provincia e io le dico grazie per aver notato e apprezzato il mio articolo tanto da scrivermi una lettera e avviare un dibattito. Ora, però, mettiamo da parte i ringraziamenti, altrimenti il lettore dice ciao ciao e cambia sito o giornale. Veniamo al dunque e il dunque si chiama autogoverno.
La questione che gira intorno a “Provincia sì, Provincia no, Provincia sì ma” ha in sé una questione più seria che riguarda i servizi sul territorio, l’amministrazione della burocrazia e il controllo dei soldi, di quelli che ci tolgono e di quelli che ci danno dopo averceli tolti. Lei giustamente dice che se dovessimo valutare la cosa solo dal punto di vista degli sprechi e dei soldi buttati, allora, dovremmo arrivare alla conclusione che il vero ente inutile non è la Provincia bensì la Regione e a mo’ di provocazione – ma solo per portare alle estreme conseguenze la mia posizione – dice: “Che facciamo, aboliamo anche la Regione?”. A me la cosa non spaventa: dove devo firmare? La Regione – la Regione Campania è un validissimo esempio negativo che rende benissimo l’idea – è un centro di spesa che produce clientele e asservimento. Lo sfacelo delle condizioni dello Stato italiano inizia storicamente proprio con l’istituzione regionale. Non è un mio giudizio ma una verità storica. Diciamo che la Regione è la causa e la Provincia ne paga le conseguenze. E’ più facile abolire ciò che è più piccolo che ciò che è più grande. Ma la “questione provinciale” esiste e se le Regioni non si possono abolire, allora, bisognerà porre seriamente il tema del loro dimagrimento.
La Provincia di Benevento, se le cose resteranno come stanno, dovrà cedere il passo e diventare altra cosa. La sua proposta per ciò che riguarda consiglio, giunta e presidente è, se ho capito bene, quella di creare un’assemblea dei sindaci che elegga una giunta ristretta. La sua idea è più bella che concreta. Che cosa mai i sindaci dovrebbero fare in un parlamentino provinciale che non possano già fare nei Comuni?
Al di là dell’assemblea, ci sono le deleghe. Una Provincia pensata come un parlamentino sannita che cosa deve fare? Le cosiddette deleghe quali sono? Le due deleghe storiche – scuole e strade – saranno trasferite a Comuni e Regione. Dunque, la Provincia in versione mignon ma con tanto di assemblea di sindaci che fa? A me pare che da qualunque parte si prenda o si guardi la cosa ciò che emerge è la perfetta inutilità dell’intermediazione provinciale. Anzi, per dirla tutta, se stiamo qui a discutere del sesso della Provincia come si discute del sesso degli angeli è perché la cultura federalista di questi scellerati anni di Seconda repubblica è una incultura dell’autogoverno. La Lega, ad esempio, è il primo partito del federalismo e dovrebbe essere favorevolissimo alla fine dell’istituto provinciale, invece lo difende perché ha in mano tante Province. Insomma, il problema è serio ma chi lo rappresenta è irresponsabile.
L’autogoverno è altra cosa. L’esistenza della Provincia – che di per sé è un residuo dell’epoca napoleonica – è in conflitto con il governo locale che, se vogliamo crescere, deve essere espresso dai Comuni. La fine o il ridimensionamento della Provincia chiama in causa direttamente i Comuni e le responsabilità delle amministrazioni municipali e della classe politica che lì vivacchia (neanche troppo male). Il modo più semplice e naturale per esprimere una cultura del governo locale è quello che mette insieme più Comuni che consorziandosi possono fornire servizi. A me pare che la strada da imboccare sia questa: via la Provincia, avanti i Comuni. Tradotto sul piano di governo: via i centri di spesa, avanti i centri di problemi. La strada da seguire è quella dell’autogoverno con il ripristino del sistema dei controlli. Ma ce lo diciamo tra di noi e queste sono lettere inutili sulle condizioni della provincia sannita.