(Sanniopress) – Se venite a conoscenza di una notizia e siete giornalisti o credete di esserlo cosa fate? La prima risposta che vi sarà saltata in mente è – credo – questa: la pubblico. Ma non è detto. Mario Missiroli, considerato a volte il maggior giornalista italiano del Novecento, diresse il Corriere della Sera e – diceva Montanelli – era terrorizzato dall’idea che i suoi cronisti gli portassero notizie. Perché una notizia può essere di due nature: comoda o scomoda. A conti fatti, però, è sempre meglio avere notizie che leggerle sui giornali concorrenti. Sanniopress ha pubblicato in esclusiva la notizia delle dichiarazioni rese dal sindaco Fausto Pepe al magistrato Clemente nell’ambito dell’inchiesta che vede al centro proprio l’amministrazione Pepe. Una notizia che potrebbe anche essere scomoda ma che abbiamo deciso di dare ai nostri lettori piuttosto che nasconderla. Una notizia che circolava da tempo ed è molto probabile che anche altri giornali ne fossero a conoscenza senza però riuscire a scriverla. Ecco perché quando, invece di scriverla, l’hanno letta su Sanniopress l’hanno subito ripresa e riscritta ma con una piccola variazione: hanno provato a mettere in cattiva luce Billy Nuzzolillo sollevando un inesistente conflitto d’interesse tra il suo ruolo di addetto stampa a Palazzo Mosti e la sua “creatura” Sanniopress per insinuare questa chiave di lettura: Sanniopress è riuscito a scrivere la notizia perché il suo fondatore lavora al Comune. Una notizia che non è né comoda né scomoda perché è una scempiaggine. Se ne volete la prova potete acquistare il quotidiano Il Sannio e leggere la notizia di giudiziaria, anche con alcune dichiarazioni del sindaco. Insomma, per scrivere la notizia non occorre lavorare al Comune ma solo lavorare.
Questa storiellina pseudo-giornalistica che vi ho raccontato è, in verità, un po’ sgradevole. Il confronto tra giornali ed editoria è cosa sana, bella e giusta perché il confronto spinge alla competizione e allo scambievole miglioramento. Il confronto, però, va fatto sul piano delle idee e delle notizie e non delle persone. Una delle prime cose che s’imparano quando si studia la filosofia e la sua storia è che un’idea si confuta con un’altra idea e non accoppando il filosofo. La stessa cosa vale per il giornalismo: una notizia è superata da un’altra notizia o dal suo approfondimento o, nel caso di giudizi e commenti, un’interpretazione dei fatti è smontata o criticata da un’altra interpretazione dei fatti. La scelta di colpire il giornalista e le persone non appartiene né al mondo delle idee né al mondo delle notizie ma al mondo delle clave.
Devo, però, fare mea culpa. La caduta di stile è il frutto di una guerricciola che ho avviato proprio io quando definii il Vaglio il Valium. Mi batto il petto una, due, tre volte: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Ma non per la definizione quanto perché caddi nell’illusione che gli amici del Vaglio fossero ironici. Le cose che scrivo, anche quelle più critiche e pesanti, si portano dietro sempre un che di leggero e ironico. Come a dire: scrivi, scrivi tu, ma non credere di essere il migliore degli uomini possibili perché l’uomo per sua natura è moralmente mediocre.
Gli amici del Vaglio sono di sinistra e ne sono orgogliosi in modo un po’ smodato (che significa sia al di là dei modi sia al di là delle mode). La storia della sinistra è ricca di picconi, pallottole, tradimenti, spie, pidocchi. A sinistra si è amici fino a quando non si è sospettati di tradimento ossia d’avere idee diverse. A quel punto l’amico diventa nemico. La vittima più illustre fu Gramsci che morì nelle carceri fasciste ma alla polizia di Mussolini fu consegnato per volere di Togliatti che poi lo lasciò marcire in galera e si appropriò anche della sua opera. Colpire la persona, perfino chi fino a ieri militava nello stesso partito, è tipico di una cultura senza ironia. Ma sono cose (parzialmente) passate e non è il caso di esagerare e di tirarla per le lunghe. Tuttavia, a Benevento il “peccato originale” della sinistra che trasforma le idee in tradimenti e sposta la lotta dalla critica alle persone esiste ed è bene criticarlo e smontarlo non solo per difendersi ma anche per dare un contributo di chiarezza e crescita alla città. Ricorderete che alle ultime elezioni, ad esempio, Nardone fu quasi trasformato in un fascista perché scelse di candidarsi con la lista ispirata da Viespoli. E’ un vizietto stalinista che c’è nel cerchietto di intellettuali con una ingiustificata puzza sotto il naso che nei giudizi e nel dibattito pubblico manifesta pesantezza e un razzismo etico tipico del moralismo da poltrona e da computer. Una volta atteggiamenti del genere generavano drammi, oggi farse. Sono i rischi che si corrono quando si prova a fare questo mestiere senza un po’ di sana ironia (che in fondo è la versione greca dell’umiltà cristiana).