(Sanniopress) – Però, questa scuola di magistratura sta davvero nascendo sotto una bellissima stella, non c’è che dire. In origine fu il ministro Castelli, che non fu nemmeno sfiorato dall’idea di aprire alcunché a Benevento. Ma poi venne Mastella e le cose cambiarono un bel po’. Disse: il ministro sono io e la scuola si fa dove dico io. Poi Mastella andò via e quelli di Catanzaro fecero ricorso al Tar che decise in loro favore. Ma a Benevento non si diedero per vinti, anche perché la Provincia nel frattempo aveva speso un po’ di soldini per il recupero della caserma Guidoni, e produssero un po’ di ricorsi al Consiglio di Stato. Risultato: il Consiglio ha detto che il Tar non poteva dire ciò che ha detto e così la scuola di magistratura fa nuovamente ritorno a Benevento. Siamo pur sempre il paese che azzecca i garbugli e li chiama “diritto” e fa rientrare dalla finestra ciò che esce dalla porta (è proprio per questo che Leibniz pensò la sua monade senza porte né finestre).
Nel frattempo, però, nella storiella che ormai scherzando e ridendo dura da più di sei anni, è intervenuto anche il presidente della Repubblica. Che cosa ha detto re Giorgio (lo chiamo così perché, come sanno al Quirinale ne ho grande stima per il lavoro che ha svolto in questi anni sul Colle)? Una cosa molto condivisibile: mica possiamo avere ben tre scuole di magistratura, una è più che sufficiente. In tempi di ristrettezze la scuola si è ristretta, come un golfino, e mi pare cosa buona giusta che i magistrati vadano a scuola con senso del risparmio per tutti: ministero ed enti locali che sempre sulle nostre tasche si reggono. A questo punto, visto che il parere del capo dello Stato conta, dove si farà l’unica scuola di magistratura?
Da Bergamo già hanno fatto sapere che la scuola spetta a loro. Il ragionamento che fanno da quelle parti è elementare: visto che qui non ci siamo messi a pettinare le bambole e a sollevare questioni da azzeccagarbugli, la scuola spetta a noi perché qui già è in funzione. Ma a Benevento non si danno per vinti proprio ora che hanno vinto sulla scuola ionica catanzarese. Il presidente Cimitile ha subito fatto notare che la scuola a Bergamo è in locali del ministero mentre a Benevento la scuola avrebbe, anzi ha dei locali tutti suoi e la Provincia in questo progetto scolastico-giudiziario ha investito e speso sei milioni di euro. Così in forza del consiglio del Consiglio di Stato a Benevento ora si vuole subito spingere sull’acceleratore e avviare i lavori per aprire la scuola. In questo modo si avranno ancora più frecce al proprio arco – in campo c’è anche Robin Hood, non dimentichiamolo – per incrociare i ferri con i bergamaschi e farli di tutti i colori come il vestito del loro Arlecchino.
In questa storia della scuola della giustizia, di scuola ce n’è poca e di giustizia altrettanto, tanto che la maschera di Arlecchino, com’è noto servo di due padroni, ci sta proprio bene, a tal punto da sembrare quasi un destino (anche se l’idea di destino poco si addice alla commedia e richiama più la tragedia). In questa tipica commedia degli equivoci, il pensiero di Giorgio Napolitano è l’unico sensato perché, anche al di là dell’esigenza del risparmio, rifiuta l’idea di una scuola al Nord, una al Centro e una al Sud per far prevalere il principio dell’unità nazionale. I festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità ce li siamo lasciati alle spalle, ma li ricordo ancora bene i discorsi ufficiali, le parole risorgimentali, il sentimento patriottico che anche i nostri eroi locali hanno profuso a piene mani. Ma i discorsi e i festeggiamenti sono una cosa e i soldi e gli incarichi un’altra cosa. In fondo, Arlecchino era un dilettante che serviva solo due padroni. Un buon politico deve essere in grado di servirne almeno ventidue. Così re Giorgio può dire quello che vuole, perché se l’unica scuola di magistratura coincide con la scuola di Benevento allora tutto bene per tutti, ma se per puro caso non dovesse coincidere con l’ombelico sannita, beh, allora al diavolo il sentimento, il Risorgimento, l’unità nazionale, i 150 anni e pure Peppino Garibaldi (che non a caso fece proprio la Provincia di Benevento perché un giorno avrebbe ospitato la scuola di magistratura). Tutto vada alla malora, qui o si fa la scuola o si muore (naturalmente è un modo di dire).
Tutta questa storia della scuola di magistratura che ancora non c’è mi ha fatto venire in mente una storia del mio paese che riguardava un altro re chiamato “Fonzo ‘o re”. Era un tipo originale e aveva una famiglia numerosa. Un giorno fece ritorno a casa e disse alla famiglia riunita intorno al tavolo per il pranzo della domenica: “Ho giocato la schedina, se faccio 13 compro l’automobile”. A sentire l’annuncio, i suoi ragazzi si entusiasmarono a tal punto che già si vedevano chi al volante, chi dietro e chi avanti nell’auto e cominciarono a litigare: la guido io, no guido io, mi metto avanti insieme a te, papà, no tocca a me tu vai dietro, ma quando mai avanti ci vado io… Insomma, un tranquillo pranzo domenicale si trasformò in un pandemonio con i ragazzi che invece di essere seduti a tavola si sentivano già in automobile. Al che Fonzo ‘o re li zittì tutti e con fermezza disse loro: “Scennit’ tutti quant’ ‘a int’ a machina”. Mi sembra una chiusa perfetta per la nostra scuola di magistratura nella quale sono già saliti in molti anche se ancora non c’è.
Solo per quelli saliti oggi, sarebbe meglio sostituire l’automobile con un autobus di linea.