(Sanniopress) – Sapete qual è la vera questione beneventana? Il dissenso. Gaetano Salvemini usava dire che la libertà è il diritto di dissentire: se si può dire “no” si è liberi, se no, no. Ma per dire no bisogna anche volerlo dire. A Benevento non sono in tanti a voler dire no. Voglio dire che non sono in molti a voler dire no in pubblico. Perché la differenza è tutta qua: il “no” va detto davanti a tutti, in modo tale che lo ascoltino sia il destinatario sia tutti gli altri. Questo esercizio di dire “no” al potente di turno davanti a tutti gli altri abitanti della città era chiamato dagli antichi Greci “parresìa” che significa proprio questo: dire la verità in faccia al potente. Ora, non voglio dire che io dico la verità – se c’è qualcuno in grado di dirla si faccia avanti – ma senz’altro dico “no” in faccia ai politici nei loro vari ruoli – sindaco, vicesindaco, assessore, consigliere, presidente, deputato, deputata – e questa cosa mi rendo conto che possa dare fastidio. Dà fastidio. Ma bisogna che si abituino perché non ho alcuna intenzione né di smettere né di lisciarli per il verso del pelo.
Il problema non riguarda solo la politica. Riguarda anche il giornalismo. Di ogni specie e di ogni ordine e grado. I giornalisti o chi pratica in quel momento giornalismo sa molto bene come funzionano le cose a Benevento e dintorni. Sa molto bene che il politico beneventano, grande o piccolo che sia, locale o nazionale, vuole essere omaggiato e non tollera critiche. Non tollera le critiche giuste, figurarsi le critiche ingiuste (perché può capitare anche di fare critiche ingiuste, certo che può capitare, non capita forse di fare politiche sbagliate e sballate?). Accade così che il giornalisti si adeguino. Non dico che lo facciano con l’intenzione di adeguarsi. Lo fanno semplicemente perché questa è la prassi e la prassi, cioè l’abitudine, è la cosa più difficile da cambiare a questo mondo. Come diceva il Ferrini “non capisco ma mi adeguo”. La cosa, dunque, si compone: i giornalisti non calcano la mano e i politici ringraziano e contraccambiano. Non c’è da parte di nessuno cattiva intenzione. C’è solo un andamento lento che è percepito come la normalità delle cose. I politici ritengono giusti onori e rispetto. I giornalisti sanno cosa è giusto scrivere e cosa no, come scrivere e come no, perché Benevento è così. Tutto viene fatto passare per rispetto. In realtà si tratta di autocensura. Da una parte e dall’altra. Se quest’arte della commedia si fa saltare cominciano le reazioni scomposte.
La voce e Sanniopress non ci stanno e rovesciano il tavolo della commedia. Fanno ciò che si fa in una democrazia: dicono no. E inizia il rosario delle telefonate, delle minacce e del classico onorevole Trombetta – quello della scena del vagone letto con Toto e Mario Castellani – che ti dice: “Lei non sa chi sono io”. Allora, diciamolo bello chiaro e tondo e una volta per tutte: la cosa non funziona. Se la politica vuole rispetto impari ad avere rispetto per il giornalismo. Noi non stiamo qui ad acchiappare il vento e il lavoro che stiamo facendo ha uno scopo preciso: discutere a Benevento all’aria aperta sulla base di fatti, risultati, riscontri. Il politico di turno che telefona e minaccia non ha capito niente o finge di non aver capito. La democrazia si basa sulla critica e non sulla riverenza. Se vuole controbattere ne ha tutto il diritto ma snoccioli fatti e risultati e non i quarti di nobiltà di cui ce ne sbattiamo i ciondoli.
L’ultima nota. Del sindaco Pepe ne ho dette di cotte e di crude, ne ho scritto sopra le righe e sotto la cintola ma non ho mai ricevuto né lamentele né avvertimenti. L’altro giorno mi giunge una telefonata: “Pronto, sono Fasuto Pepe, volevo complimentarmi per le cose che scrive”. Questo si chiama stile. Continuerò a criticare Pepe e la sua giunta sulla base dei fatti ma non potrò fare a meno di sapere che l’uomo ha stile. Sono pochi quelli che nel suo partito possono dire altrettanto. Non me ne dolgo per me ma per la città che cresce solo se il giornalismo da una parte e la politica dall’altra si confrontano sulla base della critica e del civile dissenso.