(Sanniopress) – La Benevento che non si vede è nascosta anche negli atteggiamenti dei beneventani. La Benevento privata, proibita alla pubblica discussione, è opera dei beneventani stessi ed è parte del loro animo da generazioni. Sono loro a voler tenere nascosta una realtà di comodo, che fa comodo a tutti mantenere privata. Una realtà fatta di zone franche, libertinaggio, privilegi e presunti diritti autoconcessi. La si metterebbe a rischio di estinzione se di essa si discutesse pubblicamente, se le problematiche che la caratterizzano venissero apertamente affrontate per cercarvi una soluzione. Nessuno vuole delle soluzioni, non vengono affatto richieste. La Benevento che non si vede ha connaturate in sè le incongruenze tipiche dell’essere beneventani, perciò volerle affrontare e risolvere significherebbe condannare i beneventani stessi all’estinzione.
Togliete ai beneventani il sacrosanto diritto di divertirsi come gli pare nel weekend e toglierete loro gran parte dell’ossigeno di cui hanno bisogno per sopravvivere. Stessa cosa se si imponesse in città un più rigoroso rispetto delle regole di civile convivenza. I beneventani non desiderano convivere civilmente perchè questo richiederebbe loro un eccessivo sacrificio. E’ molto più facile e spontaneo per loro sopportare che di tanto in tanto qualcuno calpesti il loro giardino, con la garanzia però che di tanto in tanto anche loro possono calpestare il giardino di qualcun altro, piuttosto che sottrarre ai beneventani il diritto di calpestare e di essere calpestati. In questo, i beneventani sono senz’altro profondamente e sanguignamente italiani e meridionali.
Ma i beneventani hanno qualcosa in più rispetto: la pretesa di essere intoccabili. Il “caso” sollevato dall’articolo di Domenico Barone sulla movida beneventana dimostra che se ai beneventani critichi una delle roccaforti della loro città privata, loro si arrabbiano. La colpa di Barone (di riflesso attribuita anche a Sanniopress) è stata solo quella di discutere in pubblica piazza (quanto mai reale come in questo caso) di un argomento che deve necessariamente rimanere privato. Della movida beneventana sono autorizzati a discutere (privatamente) solo i gestori dei locali, i frequentatori degli stessi e del centro storico nelle notti e nei weekend, dj, pr, vocalist, artisti e saltimbanchi. Se ne parlano i giornalisti, diventano moralisti o giornalai. Se ne parla e ne discute la politica, corre il grosso rischio della perdita del consenso. E forse anche per questo è solo da un anno circa che il governo cittadino si assume il compito (suo dovere da sempre) di affrontare le problematiche di un fenomeno giunto ad eccessi insostenibili.
Ma c’è dell’altro: sono i beneventani stessi, protagonisti e difensori ad oltranza della loro movida, a dire che Benevento sta morendo. C’è chi lo constata tristemente, chi lo afferma provocatoriamente per lanciare un messaggio, un sasso nello stagno e sperare che qualcosa si muova. Ma c’è anche chi lo dice in totale contraddizione, difendendo con assoluta miopia la vita notturna come se essa non avesse alcuna responsabilità sulla morte della nostra città. Come se i misfatti di cui si legge (ambulanze, risse, disturbo della quiete pubblica) pur appartenendo alla movida non fossero colpa della movida stessa. Come se le pisciate, il vomito, la sporcizia, gli schiamazzi e gli eccessi dell’intoccabile divertimento beneventano non lasciassero strascichi le mattine seguenti e per tutta la settimana. Come se non fosse affare dei beneventani e della loro movida l’indiscutibile perdita di appetibilità diurna di un centro storico sporco. Come se il centro storico di Benevento assumesse oggi valore più per la sua intoccabile movida che per la storia, l’arte, la cultura, i monumenti che esso contiene ed è. Ma il centro “storico”, anche se il suo carattere storico abdicasse in favore della movida, non verrebbe mai chiamato “centro dello svago”. La movida appartiene alla città privata, alla Benevento che non si vede e che non deve emergere in superficie. E le definizioni, ci insegna Nietzsche, sono una superficie pubblicamente visibile. E perciò un rischio di sopravvivenza per la Benevento privata.
Guai a discutere di Benevento oltre il limite di ciò che è già pubblico. I beneventani sarebbero pronti a tutto pur di difendere le loro secolari prerogative, le loro libertà-usurpazioni, i loro privilegi, il loro status quo. Ci si diverte volgarmente con i soldi di paparino? Ebbene sì, e continueremo a farlo. Perchè noi siamo i padroni della nostra privata città, e chi vorrebbe che le cose andassero diversamente dovrà scontrarsi con la nostra sordità. Non vogliamo cambiamenti, dicono i beneventani. Vogliamo poter continuare a fare i nostri porci comodi, sia che pisciamo e vomitiamo su strade pubbliche, sia che non lo facciamo. Perchè se davvero ci fosse una differenza culturale ed etica tra i partecipanti incivili alla movida e i partecipanti civili alla stessa movida, i secondi lotterebbero per non essere accomunati ai primi e cercherebbero di distinguersi. Ma questo i beneventani, civili ed incivili, non l’hanno capito. E allora: buon divertimento.
E se l’articolo di Barone fosse stato criticato, invece che per la presunta intoccabilità dei beneventani, semplicemente per la sua inconsistenza?
Se fosse come dici, penso che i beneventani dovrebbero rivoltarsi allo stesso modo contro articoli molto peggio che inconsistenti, che ahinoi riempiono a volte intere pagine (cartacee o virtuali) di sedicenti giornali provinciali e provincialisti che dimostrano di non conoscere nemmeno l’italiano. Penso che il dato oggettivo dell’assoluta visibilità dell’articolo di Barone dimostra l’intoccabilità dell’argomento, o dall’altro lato la necessità percepita da molti di discutere delle problematiche della movida. Fosse solo risentimento per un articolo inconsistente, i commenti, le visite e le condivisioni sui social network sarebbero stati la metà della metà.