(Sanniopress) – Anno nuovo vita nuova! Piacerebbe a tutti che il Capodanno fosse un rito di passaggio che consentisse di lasciare nell’ anno vecchio tutte le cose negative e trasferire nel nuovo solo quelle belle.
Purtroppo, però, nulla degli indicatori lascia presagire che per Benevento ciò accadrà, almeno nell’ambito delle politiche culturali.
E questo, per una Cittá che per bocca dei suoi amministratori continua a proclamarsi città d’arte e di cultura, non è proprio cosa di poco conto.
Ma procediamo con ordine ossia cominciamo dalla fine: la conferenza stampa tenuta dalla giunta comunale attiva a conclusione dell’anno scorso ed in cui il nostro assessore alla cultura e vicesindaco Raffaele Del Vecchio ha definito – per giustificare la scelta di privare la Città degli addobbi natalizi a favore dell’ opera presepiale di Dalisi – le palle di Natale poco strategiche.
Eh già! Perché lui di palle strategiche se ne intende essendo ormai oltre 5 anni che ce ne rifila a iosa aiutato dall’ inedia e dalla corta memoria dei beneventani.
E così il nostro caro assessore può permettersi di affermare senza che nessuno alzi neanche un sopracciglio che una città come Salerno (ma perché poi ha scelto proprio Salerno come termine di paragone e riferimento?) ha impiegato sei anni di impegno ed investimenti per riuscire a diventare attrattore turistico ed oggi mobilitare centinaia di migliaia di turisti verso di essa.
Ha quindi proseguito il suo sillogismo dando dei provinciali di corte vedute a tutti coloro che lo hanno criticato (facendogli sopportare l’ insopportabile): c’è un grande disegno – ha affermato – dietro le scelte che possono sembrare sbagliate come, ad esempio, quella del presepe di Dalisi. Ed ogni grande disegno ha bisogno di un suo tempo per compirsi. Quindi – e qui il sillogismo si completa – non rompete troppo le scatole che alla fine vedrete!
La fine? Ma quando arriva “la fine”? L’ assessore non l’ha detto ma per capirlo basta fare un po’ i conti. Se a Salerno ci sono voluti 6 anni per divenire un attrattore turistico e poiché l’ assessore l’ha citata più volte è probabile che utilizzi quel periodo (periodus salernitanus?) come metro di misura e quindi anche a noi ce ne vorranno altrettanti.
Ossia “la fine” è oggi!
Sì, proprio oggi. O meglio, quest’anno se è vero come è vero che le politiche culturali della nostra Città sono nelle mani dell’ avvocato Del Vecchio dal 2006 e quindi da 6 anni.
E già allora lo stratega parlava di investimenti di lungo respiro come Muralia (vi ricordate la rassegna di writers coordinati da Sgarbi per la modica cifra di 150.000 € e finita nel nulla?).
O altrettanto strategica per salire alla ribalta nazionale fu la scelta (reiterata per ben 4 anni) di Moscato alla guida di Città Spettacolo per poi doversi strategicamente scusare con la Città quando ci si accorse che alcuni giornalisti della stampa nazionale pensavano che il Festival non si facesse più (a dir la verità anche i beneventani visto che i programmi si sono sempre chiusi la settimana prima dell’ inizio della rassegna).
Ora, non voglio tirarla per le lunghe con l’ infinito elenco di tutte le cose strategicamente sbagliate o inutili che abbiamo dovuto subire in questi anni ricordando però che per le attività culturali nella nostra Città sono stati spesi negli ultimi 5 anni oltre 6 milioni di euro e che se veramente ci fosse stata una strategia, un pensiero lungo, un’idea di fondo lungimirante oggi non saremmo a discutere su come tenere aperta la Chiesa di Santa Sofia per i turisti, del presepio di Dalisi che è quantomeno fuoricontesto, del principale teatro della Città privo di illuminazione o del Centro Storico preso in ostaggio da quattro teppistelli maleducati.
Dovremmo invece star ragionando (come Salerno?!?) su come riuscire a gestire gli ingenti flussi turistici ed i problemi di accoglienza ed ordine pubblico che questi comportano, dovremmo star potenziando gli strumenti turistici informativi ed editoriali, dovremmo star promuovendo l’immagine della Città all’estero (magari in Germania ed Inghilterra e non solo a Battipaglia) e così via.
Ma, poiché tutto ciò non sta accadendo dopo ben cinque anni e mezzo e con tutti quei soldi spesi, due sono le cose: o la strategia era sbagliata o era inesistente.
Ed in entrambe i casi chi ne è responsabile dovrebbe a questo punto, per il bene della Città, trarre le debite conclusioni e, invece che arroccarsi in posizioni di supponenza, farsi – sempre “strategicamente” – da parte dedicandosi magari ad ambiti a lui più affini o dove comunque possa far minor danno.