(Sanniopress) – Caro Giancristiano, il tempo della risposta è arrivato. Abbiamo esaurito tutte le pratiche rituali di fine trimestre. E vergati, quest’anno con il prezioso ausilio dell’informatica, i verbali con i voti e le indicazioni delle varie tipologie di recupero, attendiamo, fiduciosi, il colloquio prenatalizio con i genitori. Mi ricordo che ti sono debitore di una risposta alla tua seconda lettera sull’argomento-scuola. Ma la scelta di rispondere si fa obbligo in seguito a un tuo articolo, comparso ieri, sabato 17 dicembre, sul Corriere del Mezzogiorno, dal titolo un po’ troppo ideologico per i miei gusti: Basta con le pause didattiche, così la scuola finisce male. Occhiello: Qualcuno dovrebbe avvertire che la ricreazione è finita. Tu mi dirai che non sei responsabile dei titoli. Lo so. Ma è proprio con il contenuto dell’articolo che non mi ritrovo.
Da martedì fino a giovedì al “Giannone” parte una tre giorni di cogestione. Quindi non di pausa didattica. Un’espressione che non significa nulla. Tanto è vero che tu puoi esercitarti – ammettilo: non alla maniera socratica, quanto, piuttosto, alla Gorgia – con una costruzione retorica. Ma si parla, appunto, di “nomina”, pure espressioni verbali. Occorrerebbe vedere meglio il cosa, il come, il perché. Allora, per evitare ideologie, ti comunico cosa presenterò io alle studentesse e agli studenti che verranno a seguire le mie otto ore di lezione cogestite. Presenterò loro tre ideali percorsi musicali partendo dalla definizione di Leibniz: “Musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi: la musica è una pratica occulta dell’aritmetica di un’anima che non è consapevole di calcolare. I percorsi ci porteranno lontano, mescolando insieme, come a me piace fare, filosofia, arte, cinema, cultura popolare, letteratura, teatro, politica, storia. E i ragazzi ascolteranno musica che, solitamente, non ascoltano. Saranno educati all’ascolto. Poi sceglieranno. Continueranno ad ascoltare quella, per me, indigesta musica che normalmente ascoltano? Liberi di farlo. Da noi si fa così, sostiene Pericle. Ma avranno avuto la possibilità di riflettere su alcuni passaggi kierkegaardiani con il catalogo mozartiano del don Giovanni, e non con le formulette di rito del manuale di turno. E chissà che un domani, da punkettari pentiti, riprenderanno Mozart… Infine, proporranno loro percorsi musicali tematici. Non so cosa succederà. Nè come andrà. E se pure dovesse andare nel peggiore dei modi possibili, non crederei che la scuola finirà male per tre giorni di lezioni durante i quali i ragazzi, timidamente, hanno cercatoo di diventare un po’ soggetti attivi del loro percorso educativo. (Mi accorgo, Teeteto, che sei gravido…) So bene che, lasciati soli, si perderebbero. Insomma: credo che la scuola finirà male (è già finita male?) se non si selezionerà seriamente i docenti, se non si ridarà loro dignità e fiducia, se non si ritornerà a comprendere il valore, primario e politicamente fondante, della cultura.
Del resto, carissimo Giancristiano, tu sei uno che predica male ma razzola benissimo. Quanta forza creativa nei tuoi saggi dedicati alla “filosofia nel pallone”! E quanto saranno divertenti, le tue serissime lezioni di filosofia! Ma quanti sommi sacerdoti del sapere filosofico si straccerebbero le vesti apprendendo che parlando di Aristotele fa capolino Totti? Ai miei alunni io prometto sudore, lacrime e sangue. Perché lo studio, sono pienamente d’accordo, non può non essere serio e rigoroso. Ma anche sotto le bombe, capitava, ogni tanto, di sorridere e di sperare. Con la stima e l’affetto di sempre