(Il Quaderno) – Sala gremita questo pomeriggio in occasione dell’incontro con il magistrato Raffaele Cantone presso l’aula Ciardiello della Facoltà di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli Studi del Sannio. L’iniziativa, dal tema “Lavoro, impresa e politica nei territori gravati dalla criminalità organizzata”, rientra nel master sulla “valorizzazione e gestione dei beni confiscati alla mafia”. Presenti, oltre al giudice partenopeo, il prefetto di Benevento, Antonella De Miro; il preside della Facoltà, Massimo Squillante; la coordinatrice dell’Osservatorio su camorra e illegalità, Chiara Marasca; il presidente dell’associazione Etica Pubblica, Lorenzo Zoppoli e il coordinatore del master universitario, Rosario Santucci.
Cantone, autore del libro “Solo per giustizia”, si è detto subito entusiasta di poter partecipare all’unico master campano di questo genere. “I beni confiscati sono una grande ricchezza – ha esordito – , ma bisogna essere preparati alla gestione di quello che viene sottratto alla camorra. Molte volte non si tratta solo di case o terreni, bensì di imprese e aziende nelle quali bisogna ripristinare la legalità”. Nel suo intervento, inoltre, ha trattato il tema della repressione che non sempre è l’unico mezzo che può sconfiggere le mafie: “Oltre a reprimere, dovremmo spezzare il concetto di impresa-camorra e intervenire sul piano economico per ottenere dei veri risultati. Purtroppo, in questo momento, le organizzazioni criminali gestiscono una delle materie più importanti: i posti di lavoro. Questi ultimi portano voti che a loro volta danno modo ai protagonisti di infiltrarsi nella società politica.
Paradossalmente, sconfiggendo il fenomeno si avrebbe anche un conseguente abbassamento del prodotto interno lordo”. L’unico spiraglio per cambiare rotta, secondo Cantone, è dare modo alla società civile di poter combattere davvero la criminalità con le schiere di professionisti e consulenti ad alto livello, di cui, purtroppo, anche la camorra si serve: “Per contrastare il fenomeno bisogna andare alla radice, con i giusti mezzi e con altrettanta managerialità”.
Il prefetto De Miro ha sottolineato come il suo lavoro si intrecci molto con la magistratura. Ricordando anche alcuni particolari del suo precedente mandato in Sicilia. “La storia di Cantone – ha dichiarato – mi ha fatto venire in mente il mio percorso di vita. E’stato drammatico, a Palermo, dover partecipare impotente alle commemorazioni dei morti per mafia. Non siamo solo noi ‘Stato’ a dover intervenire, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e solo con questa sinergia tra istituzioni e società civile si può sconfiggere il fenomeno”.
La formazione è la chiave di volta secondo Santucci, preparando dei veri esperti del settore. Il master, appunto, dà modo ai giovani universitari di accumulare quelle conoscenze che permettono di gestire tutto quello che la criminalità non avrà più. Il preside Squillante ha ricordato come il fenomeno possa in un certo senso ricordare la resistenza degli anni ’40. “Combattere il fascismo in Italia – ha dichiarato – è stato complesso, ma solo con l’unione di tutti i soggetti in causa si è portata a termine la missione”.
Zoppoli ha invece azzardato un paragone, citando uno dei bestseller in materia di organizzazioni criminali. Una sostanziale differenza tra “Gomorra” di Roberto Saviano e “Solo per giustizia”. “In Gomorra emerge il tema della fascinazione pericolosa della Camorra. Il lettore si sente impotente davanti al fenomeno. Nel libro di Cantone, invece, c’è maggiore ottimismo in merito alla capacità dello Stato di poter reagire”.
Chiara Marasca, del Corriere del Mezzogiorno, ha moderato la serata ponendo alcune domande all’autore e leggendo alcuni passi del libro. In uno di questi si racconta che un prete cercò di convincere, senza riuscirci, il magistrato ad attuare uno sconto di pena per un membro del clan. Raffaele Cantone ha inoltre citato la crisi del 1929 degli Stati Uniti, dalla quale si uscì con una coraggiosa operazione dello Stato. “Anche in Italia – ha concluso – siamo in un periodo di crisi, le piccole imprese ne sono le vittime. Dobbiamo fondare un nuovo tipo di capitalismo all’interno del quale si possa ristabilire una nuova economia”.
Lorenzo Palmieri