(Sanniopress) – L’aggressione di Matteo va condannata, certo. Ma va anche capita. Di primo acchito si direbbe che non c’è niente da capire. Infatti, che cosa volete che ci sia da capire se un ragazzo scrive che è giusto andare a scuola per studiare e non per occupare l’istituto mentre gli altri meditano vendetta, lo isolano e cercano di menarlo? Sembra tutto un impazzimento e dunque il desiderio di liquidare il fatto come pura follia è apparentemente giusto. Ma le cose non stanno così, perché nelle dinamiche di gruppo, soprattutto nei giovani, la formula del tutti contro uno è molto frequente, quasi la norma. Tutti abbiamo fatto a scuola l’esperienza goliardica della irrisione del compagno un po’ fuori dagli schemi, un po’ lo abbiamo preso in giro, un po’ lo abbiamo sfottuto, un po’ lo abbiamo isolato. Magari in qualche caso quel “tipo strano” – atopos – eravamo noi e questo, all’improvviso, ci ha aperto gli occhi sul mondo facendoci comprendere che mettersi tutti contro uno non solo è un atto di violenza ma è anche un modo per nascondere a noi stessi le nostre debolezze e le nostre colpe. Insomma, proprio a scuola abbiamo imparato la logica tremenda del capro espiatorio le cui vittime più eccellenti che sono a fondamento della nostra civiltà sono un ateniese che filosofava e un ebreo che amava.
Quanto accaduto a Matteo e ai suoi compagni mi spinge ancora una volta a mettere a tema l’idea di scuola. Su queste pagine si è sviluppato un buon dibattito sulla scuola e ho già scritto la mia replica alle belle lettere di Amerigo Ciervo e Nicola Sguera, la pubblicherò domani. Oggi, però, mi sembra il caso di soffermarsi su un aspetto che deve essere presente nella scuola, soprattutto quando la scuola non è solo ciò che dovrebbe essere – il rapporto tra giovane e adulto – ma anche un grande sistema dell’istruzione nazionale che di per sé fa entrare la politica in aule dove la politica non deve entrare. Questo aspetto è l’ironia. Proprio Amerigo Ciervo nella sua lettera faceva riferimento alla necessità del dubbio che non è semplicemente l’arte di dubitare o di insospettirsi ma il ritorno eterno del momento socratico del non-essere che ci colloca fin da subito nella nostra dimensione umana, troppo umana. L’ironia – l’arte al contempo di fingere e di essere sinceri, davvero un arte – ha il suo contrario nel fanatismo. I giovani per loro natura sono fanatici. Presi da “astratti furori” e imbaldanziti dalla loro verde età ritengono di avere il mondo in mano mentre in mano hanno il resto di niente. La scuola nella sua più intima essenza servirebbe a addolcirli ma senza mortificare la loro energia alla quale la società che si rinnova nelle idee e nei corpi non può rinunciare.
Si ricerca un modello perfetto di scuola mentre la scuola è l’esaltazione dell’imperfezione. Si vuole una scuola di diritti mentre la scuola è dovere e donazione. La scuola è la vita degli adulti donata ai giovani i quali, a loro volta, hanno qualcosa da dare agli adulti se – come sapeva in modo mirabile uno che fece il ministro per meno di un anno e segnò la scuola italiana per sempre – il rapporto tra giovane e adulto è fruttifero. I ragazzi che hanno isolato Matteo e l’hanno aggredito provino a dire a se stessi cosa hanno da dare e dire al mondo di vero e di giusto. Forse, si sono sentiti “traditi” da Matteo perché ha espresso idee in aperto dissenso con le loro. Ma la libertà della vita umana e civile si basa più sul dissenso che sul consenso. Nel sapere dire no mentre tutti dicono sì o nel sapere dire sì mentre tutti dicono no c’è il succo della nostra convivenza e degli “studi classici”. I sì e i no si devono confrontare e scontrare sul piano delle idee perché un’idea non può essere negata con la violenza. Non conviene né alla violenza né alla verità: la prima perché non riuscirà a negare l’idea, la seconda perché ha bisogno per rafforzarsi della presenza dell’errore. Auguri, ragazzi.
http://giancristianodesiderio.wordpress.com
Più che filosofeggiare sulla psicologia collettiva e le pratiche da branco e trarne spunti di discussione sulla scuola, perchè non verifichiamo se questa “aggressione”, o da come sembra, questo “tentativo d’aggressione”, sia reale, o sia stata una semplice scaramuccia verbale in cui è stato coinvolto uno studentello ficcatosi in questioni più grandi di lui o che non lo riguardano, visto che nelle scuole beneventane il rappresentante d’istituto non c’entra nulla con la vita politica degli studenti, dedicandosi per lo più ad attività quali l’organizzazione dei vari Mak TT! Anche perchè mi sembra che nessuno sia finito all’ospedale, che a Benevento non ci siano dinamiche politiche tali da scatenare “regolamenti di conti” e soprattutto questo Matteo non fa parte di alcuna organizzazione politica…
La scuola non è un circolo politico. La politica deve stare lontano dalla scuola, perchè la scuola è il cuore della cultura e della condivisione.