(Sanniopress) – Ma chi cazzo è Vasco Rossi? Me lo sono chiesto spesso perché le sue canzoni – che sono e restano solo canzoni – avevano (mi riferisco a quelle più antiche) la forza di un pugno allo stomaco. Oggi c’è l’autobiografia con cui Vasco racconta Vasco. Ne è uscita ieri l’anteprima su Sette del Corriere della Sera. L’ho vista di sfuggita e lasciata cadere. Però, rientrato a casa ho trovato il libro che la Chiarelettere mi ha spedito: “La versione di Vasco”. A quel punto non ho potuto fare a meno di dargli uno sguardo. Più di uno sguardo e finirà che lo leggerò. O, forse, lo ascolterò, perché l’autobiografia di Vasco Rossi, da quel che vedo, si può ascoltare come una sua canzone. Dice Vasco: “Le biografie in genere sono tutte false. Io sono stato franco”. Un po’ esagera, un po’ ha ragione.
Lasciamo perdere le solite cose: la droga, la combriccola del Blasco, la vita spericolata, il pericolo per i giovani. Lasciamo perdere, non sono interessanti. Guardiamo alla figura sociale. Cosa si pensa politicamente di Vasco Rossi? Che sia a sinistra, che sia progressista e insomma che è mezzo comunista. Falso. “La politica la faccio con le mie canzoni, ecco la mia rivoluzione”. C’è da credergli, perché in fondo dopo la morte del padre il destino è stato benevolo con Vasco. Il mondo gli precipitò addosso e lui che fino a quel momento non aveva fatto un cazzo, andava a letto alle sette del mattino per svegliarsi quando il padre rincasava, si rese conto che doveva muovere il culo e darsi da fare. Gli è andata bene con le canzoni, altrimenti chissà come finiva. “Sono un fenomeno sociale” dice di sé. “Fuori vedo il casino che c’è: mi fanno tutti rabbia, pena, schifo e malinconia”. Ciò che vede, che sente lo riversa nel rock e crede di essere l’unica rockstar (italiana). E’ presuntuoso, ma ogni rocker lo è. La persona chiave della sua vita è il padre.
“Mio padre era socialista e non essere schierato in quegli anni con i comunisti o i preti non pagava a Zocca”. Credo che i comunisti e i preti siano le due figure “politiche” più lontane da Vasco Rossi. Che è di suo un anarchico. “Nella comune teatrale di Bologna ho scoperto Bakunin e gli anarchici. Non quelli che mettono le bombe, ma uomini migliori, liberi, talmente responsabili che non c’è più bisogno di uno Stato che ti detti le regole”. Questa è la vera anima di Vasco Rossi: l’anarchia come pensiero e pratica della vita vissuta in prima persona. Non l’anarchia come caos ma l’anarchia come scelta: o nelle cose ci metti te stesso o non servono a niente né per pensare né per agire. Questo stronzo di Vasco Rossi è proprio così.
Precisiamo. Vasco Rossi dice: “Sono convinto di essere di sinistra, ma sto con Popper quando dice: “Io voglio mettere la libertà al di sopra dell’eguaglianza”. La libertà è il principio senza il quale non si pensano gli altri: eguaglianza, giustizia, bene. Aggiunge il nostro filosofo (Vasco, non Popper): “Per me chi dice di voler mettere l’uguaglianza prima della libertà non è di sinistra”. In questo senso, forse Vasco è di sinistra, ma lo è solo lui perché nessuno a sinistra mette la libertà al di sopra dell’uguaglianza, neanche Bobbio, per dire. Se non si è liberi non si può neanche essere uguali. La versione di Vasco (leggetela, parla anche di voi, oltre che di Spinoza, Kierkegaard, Nietzsche, Proust, Dostoevskij, è un po’ come ascoltare Albachiara). Giocala.
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