(Sanniopress) – 23 novembre 1980: una data che non può e non deve essere dimenticata. Non la dimentica chi ha vissuto la tragedia, chi ha visto “finire” in cumuli di macerie la vita soprattutto di moltissimi giovani.
Di quella sera ognuno ha un suo ricordo ed è bene che lo tramandi di generazione in generazione, non per un nostalgico e fine a sé stesso racconto, ma per rinnovare quel dolore e quella rabbia che non devono essere mai sepolti! E´ un dovere che abbiamo verso quelle vittime innocenti per non rendere vano il loro sacrificio.
31 anni sono trascorsi ma cosa è accaduto nel frattempo? Altre tragedie in altre parti d´Italia; ogni regione ha i propri cari da piangere e ha dovuto provvedere a dar loro una degna sepoltura: giacché nulla è stato possibile fare per evitare che perissero. Cause naturali, si dice, spesso abusando del termine per non riconoscere colpe e imperizie.
Due settimane fa, a Benevento si è tenuto l´ennesimo convegno sulla protezione civile. Ho sentito le solite cose che si ripetono da 31 anni a questa parte: “Faremo, stiamo provvedendo, stiamo studiando, stiamo organizzando, abbiamo comprato fari, tende. C´è bisogno di una maggiore intesa tra le istituzioni”. Il sindaco si è autodenunciato, manifestando la sua perplessità e preoccupazione sul come dichiarare o meno uno stato di pericolo, in quanto non sono chiari, a tutt´oggi , i meccanismi di allertamento della popolazione (è questa, quindi la seria programmazione ?). Il Servizio di Protezione Civile Nazionale, annuncia che fra un anno organizzerà una manifestazione-esercitazione a Benevento e cita per scaramanzia il terremoto di Messina del 1908, evitando di parlare di quel che potrebbe accadere a Benevento.
Già, Benevento…. Il professore Francesco Guadagno nel suo preciso e pungente intervento, senza giri di parole, ha affermato ciò che da tempo è risaputo, ovvero che Benevento è sotto osservazione, perchè ci si aspetta un evento di notevole intensità. E ciò potrebbe manifestarsi in qualsiasi momento! Silenzio breve in sala, ma nessuno ha osato pronunciarsi. Si è preferito evitare di parlarne; si preferisce, come sempre, mettere la testa sotto la sabbia anzichè affrontare la realtà.
La dottoressa Postiglione del Servizio Nazionale della Protezione Civile ha sottolineato anche un altro aspetto spesso trascurato: il primo a fare protezione civile deve essere lo stesso cittadino. Vero, lo afferma anche la legge! Ma chi prepara e informa correttamente il cittadino ? La prevenzione (termine usato e abusato nel corso del convegno) come la si fa? In maniera estemporanea, senza una vera progettualità e finalizzata solo a un mero deposito di carte? Oppure, si deve mettere costantemente in pratica su tutto il territorio con adeguate e sistemiche esercitazioni e informazioni ?
Sa il cittadino a quali rischi è esposto (rischi naturali e non solo: fughe di gas da reti di adduzione e distribuzione, contaminazioni di agenti inquinanti rilasciati da attività industriali, emergenze sanitarie … ) e sa, quindi, come comportarsi? E´ informato e preparato ad affrontare questi rischi in attesa dei soccorsi?
Si è parlato di case, di non modificare le strutture portanti, come se solo queste fossero le cause dei disastri. Vogliamo svegliarci e capire che i nostri fabbricati non sono sicuri? Che abbiamo un patrimonio edilizio vetusto, che sono trascorsi 31 anni senza fare nessun serio intervento e che forse basterebbe solo un soffio di vento per far crollare qualche edificio? Sappiamo quali sono gli edifici pubblici e privati più vulnerabili?
Personalmente avrei voluto sentire queste cose. Avrei voluto che si definisse o si pensasse finalmente non a un semplice Piano Casa (fallimentare sotto tutti gli aspetti) ma a un Piano Casa Sicura, con obiettivi da perseguire e raggiungere nell’immediato e nel lungo periodo. Non ho sentito nulla di tutto questo.
Avrei voluto sentir dire cosa si deve fare ora, non domani! Domani sarà tardi perché significa intervenire sul disastro avvenuto; significa contare i morti e trepidare con ansia per i superstiti; significa piangere su ciò che si sarebbe potuto fare per evitare le tragedie.
Io sono stufo di versare lacrime, sono stufo del dolore che si aggiunge alla rabbia. La prevenzione non la si improvvisa nè la si inventa: la si fa quotidianamente, si mettono in sicurezza le strutture e i siti maggiormente a rischio.
In Italia si spendono decine di migliaia di euro per programmazioni, pianificazioni; sappiamo individuare le criticità ma non abbiamo soldi per attenuarle o eliminarle.
E´ come se al malato gli venisse diagnosticata una malattia che non si può curare perchè non ci sono disponibilità economiche! Il malato, quindi, dovrà attendere impotente e silente la morte!
*geologo