di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Non so voi, ma io quando leggo o sento parlare di Tavoli ricordo subito la scena di Totò, Peppino e la dolce vita. Dunque, ci sono Totò e Peppino che entrano in un locale notturno in compagnia di due straniere e il cameriere va loro incontro e dice: “Buona sera, i signori hanno un tavolo?” Totò, che già si guarda intorno con il suo solito fare da uomo di mondo che ha fatto tre anni di militare a Cuneo, si tasta e aggiusta il bavero del cappotto e fa: “No, non abbiamo un tavolo. Peppino, tu hai un tavolo?”. Noi non abbiamo questo problema, qui da noi i tavoli abbondano. Ce ne sono di varia specie e fattura: c’è il Tavolo provinciale, c’è il Tavolo istituzionale, c’è il Tavolo interistituzionale – per carità, non mi chiedete che cos’è, soprattutto questo “interistituzionale” – c’è il Tavolo ministeriale. Tavolo, naturalmente, va sempre scritto con la maiuscola. Dalle nostre parti c’è una sorta di mistica della maiuscola: più la parola non significa un cazzo e più si scrive in maiuscolo. Stefano Caldoro parteciperà prossimamente su questi schermi al Tavolo istituzionale che alcuni, però, definiscono anche Tavolo interistituzionale. Di cosa si discuterà in questa tavolata? Della Telesina, della Fortorina, della Caianellina, dell’area di crisi permanente di Airola. Bettino Craxi diceva che quando non si vuole o non si può fare una cosa, allora, si fa una commissione. Oggi si fanno i Tavoli. Sono tavoli vostri.
In politica e ancor più nella vita civile il linguaggio è importante. Quando il linguaggio fa vacanza – per dirla con un austriaco che mi sta simpatico – significa che ci sono delle difficoltà. Il linguaggio politico è quasi sempre una lingua da azzeccagarbugli: non è fatta per chiarire, ma per confondere. Nel caso, però, dei Tavoli, delle Filiere, dei Corridoi, degli Omologhi non ricadiamo neanche più nella manzoniana categoria del latinorum; piuttosto, siamo nella più totale delle Arie Fritte. Più non c’è niente, più le parole si gonfiano, anche utilizzando parole umili – come è il caso della parola tavolo – ma nobilitandole con la maiuscola.
Fino a qualche anno fa non conoscevo affatto la parola “filiera”. Conoscevo filo, filone, filanda ma non filiera. Un bel giorno, però, chissà chi inizia con questa storia della filiera: “Bisogna fare la filiera”, “va completata la filiera”. Ma vi siete mai chiesti che cosa sia nei fatti la Filiera? Dovrebbe essere, grosso modo, una catena i cui anelli fanno parte tutti della stessa famiglia. Così esiste la Filiera istituzionale, ad esempio: comune, provincia, regione. Quindi c’è la Filiera politica: quando comune, provincia e regione sono governate (si fa per dire) dalla stessa forza politica. Naturalmente, ci sono una miriade di varianti: la Filiera delle imprese, la Filiera agro-alimentare, persino la Filiera dei servizi, del turismo e della cultura. Se non avete servizi affidabili, se non avete visto in giro turisti, se non sapete cosa sia la cultura, state tranquilli, l’importante è che ci sia la Filiera. Anzi, è fondamentale. In politica c’è il teorema che dice: perché ci possa essere una buona politica è necessario che sia fatta la Filiera e il comune, la provincia e la regione siano governate tutte dal centrosinistra o dal centrodestra. Il corollario di questo teorema è la spartizione di fondi, finanziamenti, sovvenzioni che poi sono soldi e quindi il debito sanitario, la fine degli ospedali, la fine di tutto fino a quando la Filiera si sfilaccia e allora ecco la palla passa agli altri che ti vengono a dire che per fare le cose per bene è necessario completare la loro Filiera. Con questo sistema l’Italia sta affondando nel Mediterraneo.
Però, state tranquilli perché ci salveranno i Corridoi. Il rappresentante ufficiale dei Corridoi in terra sannita è Costantino Boffa. La sua specialità, in particolare, è il Corridoio 8. Che cos’è? Ve lo dico subito: se il Corridoio 1 va da Palermo a Berlino via Napoli, il Corridoio 8 va da Napoli a Bari, attraversa l’Adriatico approda in Albania, Macedonia fino a giungere a Varna in Bulgaria. Grazie al Corridoio 8 e all’Alta capacità ferroviaria – ci ha spiegato tante volte Boffa – siamo un ponte di collegamento tra l’asse Est-Ovest e la dorsale tirrenica Nord-Sud. Ci sentiamo tutti molto più moderni ed europei se non addirittura, per dirla sempre con Boffa, trans-europei, ma questo è il solito disturbo prostatico. Però, nel frattempo che siano pronte l’Alta capacità e l’Alta velocità, sono state soppresse o quasi la Bassa capacità e la Bassa velocità della cara vecchia diligenza della Valle caudina. Per carità, non erano granché, ma un po’ c’eravamo affezionati e un po’ ci girano gli scatoloni perché a Varna non so che cazzo dobbiamo andare a fare, mentre a Napoli avremmo delle cose da spicciare.
Le strade, le ferrovie, le gallerie sono state opere fondamentali per la costruzione del mondo moderno. Un tempo, però, le strade erano progettate e fatte per far viaggiare uomini e merci; oggi sono progettate e finanziate – la realizzazione è un passo più difficile – più per la spesa che per l’impresa. Chissà che cosa viaggerà mai su questo Corridoio 8 se già oggi la Napoli-Bari è l’autostrada meno trafficata d’Europa. Però, anche qui c’è un però: viaggerà il linguaggio. Il però si chiama Omologo. Le cronache – non solo quelle locali, in verità – ci informano che il deputato andando in Bulgaria ha incontrato il suo omologo che sarebbe il deputato bulgaro e il presidente della Provincia i suoi omologhi che sarebbero altri presidenti di Provincia. Vuoi mettere: una cosa è dire “il deputato bulgaro” e altra cosa “il suo omologo”, una cosa è dire “gli altri presidenti di Provincia” e altra cosa “i suoi omologhi”. Il linguaggio è una risorsa contro abusi e soprusi, ma più lo utilizziamo male e più siamo indifesi. Siamo circondati da omologhi che attraverso un corridoio trans-europeo sono arrivati fin qui per partecipare a un tavolo interistituzionale per completare una filiera.