di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – L’area di crisi di Airola non era ancora nata e già era in crisi. Io e voi non c’eravamo ancora e l’area di crisi di Airola era già in crisi. Ho messo i pantaloni corti, ho fatto la prima comunione, ho studiato, ho un figlio e l’area di crisi di Airola è sempre in crisi. Ora la prima comunione la farà mio figlio e l’area di crisi di Airola è sempre lì, in crisi. Alla guida della Cgil c’era Lama e l’area di crisi di Airola era in crisi. Oggi dopo Pizzinato, Trentin, Cofferati, Epifani, c’è la Camusso e l’area di crisi di Airola è sempre in crisi. Cambiano i governi, ma niente cambia nell’area di crisi di Airola. Cambiano le imprese ma la crisi resta. Una volta c’era l’Alfacavi e quando andò via l’area si chiamò area ex Alfacavi, poi ci fu la Tessival e dopo che andò via l’area fu chiamata ex Tessival già ex Alfacavi. Ma ad Airola e dintorni non ne hanno le scatole piene dell’area di crisi?
Il comune di Airola dovrebbe fare l’unica cosa seria: sbaraccare una volta e per sempre l’area di crisi. Ci saranno un po’ di proteste e di arrabbiature, ma poi le cose andranno a posto. In quello spazio così grande il comune può fare un po’ di tutto: campi da basket e piscine, ristoranti, sale congressi e auditorium, un grande centro servizi. L’area di crisi si trova in uno dei posti più famosi del mondo. Lì, a due passi, forse mezzo passo, ci sono le Forche Caudine. Certo, hanno fatto un po’ di tutto per distruggere lo scenario storico e paesaggistico in cui i romani passarono sotto il giogo dei sanniti, ma la cosa è recuperabile. Quel luogo si fosse trovato in un altro posto ci avrebbero fatto intorno di tutto: qui, invece, ci hanno costruito intorno una bella area di crisi permanente e sotto a queste moderne forche caudine che sono le aree di crisi ci fanno passare i sanniti di Airola e dintorni. E chi dovrebbe fare piscine, basket, centro servizi e congressi? Il comune, gli airolani e chi ci vuole stare. Non altri. Perché l’unico modo per non passare da area di crisi ad altra area di crisi è quello di fare le cose in proprio, con soldi propri, con l’intelligenza propria, con la fatica propria, con la fede propria. Con i soldi altrui e gli investimenti di Stato non si fa nulla. Al massimo, come è regolarmente accaduto, si de-localizza qualcosa e quando la de-localizzazione non conviene più, arrivederci e basta e ricomincia l’area di crisi (chiedo scusa per la parola orrenda de-localizza ma significa che si sposta qualcosa, ma una cosa spostata è sempre una cosa che si può continuare a spostare: come si vede, Airola così non uscirà mai dall’area di crisi).
L’area di crisi è servita per la carriera politica del simpatico Mino Izzo. L’onorevole di Airola si è specializzato nel ramo “area di crisi”. Michele Abbate, quello che vinse su Mastella, si è impegnato, ha lavorato, si è dato da fare ma non è mai arrivato ai livelli di specializzazione di Mino. Le aree di crisi sono fatte proprio così: più sono in crisi, più danno consenso, più c’è bisogno, più ci sono voti. Con l’area di crisi hanno fatto carriera sindacalisti, burocrati, attivisti e poi commercialisti, ragionieri, imprenditori. L’area di crisi è un’industria a sé: è in passivo ma anche la passività ha una sua attività.
Ma ecco la svolta. L’area di crisi è diventata area di crisi complessa. Cavoli, ci siamo. Ho letto un’intervista lunga lunga, ma lunga lunga su Il Mattino in cui il presidente degli industriali di Benevento esultava perché il Sannio ha fatto sistema e così ha partorito la Grande Svolta: l’area di crisi non è più area di crisi ma area di crisi complessa. Significa, se non lo sapete – e io, fesso, non lo sapevo – che mentre l’area di crisi normale è regionale, l’area di crisi complessa è governativa. Quindi? Quindi ora se ne dovrà occupare il ministro dello Sviluppo che, tra parentesi, è quel ministero in cui c’era quel ministro che non sapeva che gli avevano comprato la casa con vista Colosseo e così è andato via e dopo una vacanza quasi annuale è arrivato Romani che capisce di sviluppo economico come io capisco di lupini. Ad ogni buon conto, ora qualcuno interesserà il ministro – probabilmente Mino Izzo che rappresenta ad honorem l’area di crisi – e così con sgravi fiscali, incentivi e quant’altro che non si può mai escludere ci saranno aziende che de-localizzeranno, cioè sposteranno, e l’area di crisi complessa darà i suoi frutti riportando l’area di crisi ad essere area di crisi normale o a ciclo continuo e il giro riprenderà fino al prossimo “tavolo istituzionale”. Ma qui mi fermo perché dei Tavoli, dei Corridoi, delle Filiere dell’Impegno Profuso ne parlerò nel prossimo articoletto.
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