(Sanniopress) – Oggi “Il Mattino” pubblicherà l’ennesimo articolo sulla movida molesta, in centro storico e non più solo lì. Non l’ho scritto io, e non ho scritto neanche i precedenti articoli sull’argomento, perché i miei capi pur fidandosi di me ritengono che il mio essere parte in causa (risiedo in via Umberto I, a due passi dalla Prefettura, e faccio parte del Comitato di quartiere) possa farmi tacciare di scarsa obiettività, depotenziando la credibilità del giornale. Li capisco, davvero, e mi adeguo. Perciò chiedo ospitalità a Sanniopress per raccontare i fatti di questa notte e il contesto che li ha resi possibili. Intorno alle 3.45 mi ha citofonato il mio vicino di casa: un’auto, dopo aver cercato di uscire da via Umberto I dal lato su via Annunziata (ci sono le scale, non ce l’ha fatta…) in una frettolosa retromarcia aveva appena spaccato con il suo specchietto retrovisore uno dei finestrini della mia povera Punto. Niente di terribile, ovviamente, a parte una grande incazzatura e il dubbio che solo l’oggettiva difficoltà ad imboccare rapidamente la curva a gomito con via Borgia abbia evitato che il conducente si dileguasse come se nulla fosse. E’ andata male anche a lui, in un certo senso, perché il rumore proveniente dai locali “per il popolo della notte”, a pochi metri , aveva impedito al mio vicino di addormentarsi: dal balcone ha visto tutta la scena. Io, invece, dormivo da poco, dopo essermi rassegnata a tenere i miei balconi chiusi per escludere almeno un po’ la musica sparata dagli altoparlanti esterni di uno di quei locali. E veniamo al punto, anzi ai punti, che rendono particolarmente seccante questo piccolo incidente. Innanzitutto l’auto che è “entrata” nella mia non avrebbe mai dovuto giungere in via Umberto I, zona a traffico limitato, in teoria accessibile solo ai residenti, ai domiciliati e ad altri soggetti a vario titolo autorizzati. Mi si dirà: non essere pignola, erano quasi le 4 del mattino. Ecco, questo è il secondo punto. L’auto era lì perché almeno uno dei locali di via Umberto I era ancora aperto e brulicante di gente molto rumorosa poco prima delle 4. Non è certo quanto prevedono le ordinanze comunali. Comunque, il conducente maldestro è andato a cercare rinforzi tra i suoi amici davanti a uno di quei locali, e a dagli manforte è arrivato addirittura anche uno dei camerieri, che, forse preoccupato per la seccatura che stavo arrecando ai suoi clienti, è quasi arrivato ad insinuare che io non avrei dovuto parcheggiare dove ho parcheggiato (no, non ero in divieto di sosta). Considerazione a margine: mi chiedo se, al cospetto di un uomo, avrebbe avuto la stessa faccia tosta. Il terzo punto è che quell’auto si è trovata letteralmente “nello stretto”, alle prese con una manovra difficile per chi non ci è abituato (io ormai sono un asso) perché la piazzetta di fronte al museo Arcos è invasa dai dehors dei locali ben oltre i limiti stabiliti dallo stesso Comune a tutela della mobilità e della sicurezza dei residenti. Questa notte, come tutte le notti da quando sono comparsi quelle poltrone, quelle fioriere e quei tavoli, nessun mezzo dei Vigili del Fuoco, nessuna autoambulanza avrebbe potuto raggiungere rapidamente via Umberto I, via Arechi, via Trappeto.
Che dire, in definitiva? Tutto questo – il problema degli orari, della musica “sparata”, della mobilità impossibile, del diritto alla sicurezza negato – il Comune lo sa già. Ha ricevuto esposti e fotografie, ha visionato filmati inequivocabili. “Ma non ci sono i vigili per il turno notturno, stiamo cercando di trovare i fondi”, mi sembra già di sentire la risposta . Non è una bugia, ma non può essere più una giustificazione sufficiente né compatibile con la rivendicazione orgogliosa dello status di “città europea” . Si può fare tanto per riportare la situazione ad un normale grado di civiltà anche durante il normale orario di servizio dei vigili. Non si può essere di giorno sito Unesco e di notte terra di nessuno. E non è giusto che migliaia di cittadini siano costretti a sperimentare sulla propria pelle gli aspetti peggiori di questo assurdo dualismo. Di giorno amo con tutto il cuore questa parte della città in cui ho scelto di vivere, ben prima dell’isola pedonale e di Santa Sofia “patrimonio dell’umanità”. Poi si fa l’ora della “movida”, e la mia strada, la mia stessa casa mi diventano nemiche: quando non ne posso più di queste notti troppo corte, quando mi accorgo che anche il mio bambino inizia a risentirne, mi arrendo e chiedo ospitalità a mia madre, in una via meno “glam” ma più tranquilla. E allora dormo, e per un po’ la stanchezza se ne va, ma la rabbia resta.