di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Pasquale Viespoli ha commesso tre cazzate delle quali paga ancora il fio. La prima, eclatante, quando ha criticato e attaccato la giovane Nunzia De Girolamo. Errore grave perché se fino a quel momento la giovane deputata berlusconiana non era nessuno – nonostante la pacchiana festa del Pdl a Pietrelcina con presenza inclusa di Papi – subito dopo è diventata qualcuno. Oggi, infatti, il personaggio a Benevento trae la sua valenza politica non perché rappresenti Berlusconi e la corrente Verdini, ma perché si contrappone a Viespoli.
Seconda cazzata: l’uscita dal governo. Prima di tutto qui va riconosciuto che Viespoli ha mollato una poltrona da sottosegretario: cosa che non tutti sono in grado di fare visto che per uno che molla ce ne sono mille che sgomitano e sputazzano per afferrare. Perché? Perché è uscito dal governo e ha seguito Fini? Perché da tempo considerava esaurito il berlusconismo che si è trasformato nell’esecuzione di una logica padronale. Dunque, la sua uscita dal Pdl prima e dal governo poi è il tramonto di una via politica ricca di contraddizioni, dubbi, perplessità. Sono queste difficoltà che determinano la terza cazzata: il ritorno in maggioranza. I due errori si tengono per mano: anzi, il secondo è tale solo perché c’è il terzo. Infatti, perché ritornare nella casa da dove si è andati via criticando il padrone di casa? La politica non è un percorso lineare anche se ci si sforza di praticare, come si dice, una linea politica. Tutt’altro, la politica è piena zeppa di contraddizioni e conflitti che, se non ci fossero, andrebbero inventati per dare sale e sapore. Tuttavia, ora queste contraddizioni pesano sulle spalle di Viespoli il quale fino a quando non ne prenderà atto pubblicamente non se ne libererà per affrontare altri nodi e contrasti.
Il ritorno nella maggioranza non è il ritorno nel Pdl. Questa cazzata proprio non si può fare. Ma che ci si sta a fare in maggioranza se non si sta nel Pdl? La risposta è semplice anche se nessuno la dice: si aspetta. Che cosa? Ma lo sapete: si aspetta che Papi tolga il disturbo. Quando questo avverrà, il Pdl svanirà e quella cosa politica e sociale che una volta si chiamava centrodestra sarà – diciamolo con un termine moderno e tecnologico – resettata. Nessuno crede, infatti, che il figlioccio di Berlusconi – fu il Cavaliere a dire al padre di Angelino: “Mi permetta di considerarlo un po’ anche figlio mio” – , Alfano, sia in grado di far vivere la creatura anche dopo l’uscita di scena del padre-padrone. L’attesa, però, fin qui si è sempre rivelata più lunga degli attendenti, mentre gli eventi del mondo scompaginano la storia del nostro piccolo cortile di casa.
Se le cose stanno così, Viespoli deve giocare d’anticipo nel tentativo di rifare il centrodestra. Sa tanto di fatica di Sisifo, ma la politica è Sisifo. Questa volta, inoltre, c’è una novità: Viespoli deve giocare la sua partita più al centro e meno a destra. Termini, questi, che sono consunti, ma pur necessari. Allora diciamo meglio: Viespoli dovrà giocare la sua partita più sul versante della “cultura di governo” e meno dell’opposizione, non perché sia realista e filogovernativo – tutt’altro, visto che proviene dalla “cultura dei vinti” – ma perché ha maturato sul campo l’amministrazione di cose e uomini e si porta dietro per amore e ragione una certa idea dell’Italia.