di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – La provincia di Benevento non va abolita perché ha un numero di abitanti inferiore a 300mila, bensì perché ha un tasso di provincialismo molto alto rispetto alla media nazionale. Il provincialismo non è quantità ma qualità. Dunque, non esiste un metro per misurarlo, al massimo – essendo un modo di stare al mondo – si può descrivere. Faccio un esempio, per capirci: Caserta ha tanti difetti, tuttavia ha espresso negli ultimi anni scrittori di livello nazionale (Francesco Piccolo), attori apprezzati in Italia e all’estero (Toni Servillo) ottimi musicisti e persino politici, nel bene e nel male, capaci di tenere in piedi governi regionali e nazionali. Si sa, l’erba del vicino è sempre più verde, ma che cos’ha realmente Caserta che la più relativamente tranquilla Benevento non ha? Il contatto con il mondo. A conti fatti, Benevento non è mai uscita dalla sua enclave mentale. Il suo provincialismo inizia qui.
Aniello Cimitile difende a spada tratta la Provincia. E’ naturale che lo faccia essendone il presidente (anche se non lo abbiamo visto con la stessa convinzione e forza agire in altre battaglie a difesa dei servizi del territorio provinciale). E’ raro che un riformato condivida una riforma. Tuttavia, il presidente della Provincia esprime anche al massimo grado il provincialismo. L’ultima sua uscita, poi corretta e definita una provocazione, è stata la boutade sul ritorno allo Stato pontificio. Cosa che creerebbe imbarazzo e incredulità prima di tutto al Vaticano. Ritornando su i suoi passi, il presidente ha usato altri argomenti. Tra questi si è rifatto ancora una volta alla nascita della Provincia di Benevento 150 anni fa. E’ una storia abbastanza nota – sempre che sia noto il Risorgimento – che ha avuto un grande significato perché la fine del ducato beneventano e del potere temporale dei delegati papali – che cadde come una mela marcia e senza spargere inutile sangue – e la connessa creazione della Provincia beneventana hanno un senso tutto anti-guelfo che, però, oggi è interamente superato. Nell’interpretazione che ne dà Cimitile, però, sembra che la neoprovincia di Benevento non fu un mezzo per fare l’Italia ma, al contrario, l’Italia sembra il mezzo usato per fare la Provincia di Benevento. Abolire la Provincia è relativamente semplice, ma uscire dal provincialismo è effettivamente cosa più difficile.
Lo conferma lo stesso presidente quando ritornando sulla sua provocazione del ritorno allo Stato pontificio tende a considerare Benevento una sorta di “zona franca”. E’ proprio questo il punto: Benevento non ha bisogno di essere – per dirla con il titolo del grande Gustaw Herling – “un mondo a parte” ma, al contrario, deve essere mondo nel mondo, deve mischiarsi con il mondo, sporcarsi con il mondo, avere commercio con le cose di mondo. Solo se partecipa delle storie del mondo, Benevento avrà la sorte di parlare anche a se stessa e attraverso sé al mondo. Altrimenti, Provincia o non Provincia, Unesco o non Unesco, sarà sempre “un mondo a parte” che non ha nulla da dire. Non è un caso se Benevento vada addirittura fiera della sua diversità di enclave, tanto che ha sviluppato uno snobismo che, giocando ma non troppo con le parole possiamo veramente definire fuori luogo. Benevento è una città chiusa che ha un disperato bisogno di diventare città aperta. Il Sannio deve essere questa “apertura”.
Il Sannio non è provincialismo? Se concepiamo la regione un modo per “separarci” da Napoli, come ha fatto il presidente della provincia di Salerno Cirielli, siamo sempre nel solco del provincialismo. Il Sannio deve essere una sfida con noi stessi. Non un modo per sentirci al sicuro, ma un’occasione per rischiare. Non un modo per separare, ma un modo per unire. Le cosiddette “aree interne” hanno tutto il diritto di mettere a tema i loro bisogni, le loro forze, le loro capacità. Ecco perché ho usato la formula “il Sannio siamo noi”, perché l’antico Sannio è solo un mito che diventa attuale con la nostra vita intellettuale e morale. Non è un modo per rimpiazzare la Provincia ma il tentativo di mettersi in gioco pensando un progetto territoriale e politico che può dare il suo utile contributo alla crescita del Mezzogiorno e dell’Italia.
Per fare di necessità virtù, il governo ha soppresso 36 amministrazioni provinciali. Ma è solo l’inizio. E’ venuto il tempo in cui le istituzioni o si reggono su virtù produttive o muoiono o per vivere schiacceranno le società pigre e servili premendole come limoni. Il Sannio offre non solo a Benevento ma ad altre piccole “province” – Isernia, Campobasso, Avellino – di non fare la fine dei limoni e quindi unirsi in un progetto di lavori e servizi. Le produttive forze sociali devono essere il motore dell’unione del Sannio moderno. Le forze politiche, sterili, non hanno leadership da esercitare. Anche così si esce dal provincialismo. Con uno sforzo creativo e vitale.