(Sanniopress) – Nelle città colpite dalla movida, il fenomeno della “pipì selvaggia” innaffia tutti: ricchi e poveri, belli e brutti, intelligenti e fessi, monumenti e abitazioni. La movida non conosce differenze sociali o di classe, colpisce tutti, nessuno escluso. Fatta eccezione per due categorie di cittadini: chi non abita nel centro storico e gli amministratori. Infatti, una cosa è fare la pipì sotto casa del signor nessuno, altra cosa sarebbe farla sotto casa del signor sindaco. Perché questa disparità? Se le cose funzionano per il signor sindaco, perché non devono funzionare per il signor nessuno?
All’inizio del secolo scorso Salvatore De Lucia scrisse il bel libro Passeggiate beneventane che si può considerare un classico della storia della città. Al principio del nuovo secolo si potrebbe scrivere un diverso testo: Pisciate beneventane. Come De Lucia, che mi perdonerà, prendeva per mano il lettore e lo portava a spasso per Benevento indicandogli i luoghi e i monumenti più importanti, così oggi si potrebbe prendere per mano un lettore – ancor meglio se anche amministratore e magari assessore o, perché no?, perfino il sindaco – e mostrargli luoghi, strade, piazze adibiti a vespasiani. Ne verrebbe fuori un itinerario storico di tutto rispetto che ha al suo centro – manco a dirlo – il grande complesso storico-monumentale di Santa Sofia ora passato agli onori della cronaca mondiale per l’ambito riconoscimento Unesco di “patrimonio dell’umanità”.
Vico Umberto I e via Mario La Vipera (una volta detta via Porta Somma) sono luoghi ambiti dai pisciatori della movida. Pur essendo, infatti, luoghi centrali, garantiscono una certa privacy. La minzione notturna è abbastanza sicura, sempre che il povero signor nessuno, esasperato per il baccano musicale strombazzato a tutto spiano e per il parcheggio superselvaggio che gli ha impedito di rincasare serenamente, non perda finalmente la pazienza e, recuperando la dignità, riempia un secchio d’acqua e bagni il piasciator scortese che gli sta bagnando il portone. Il cuore della movida è, praticamente, sotto la prefettura, dietro la prefettura, ai lati della prefettura ma quel che accade di notte e alle prime luci del giorno sembra che nessuno lo veda, fatta eccezione per il povero signor nessuno che riuscirà a prender sonno solo verso le 4 del mattino, giusto in tempo per svegliarsi. Altri ambiti luoghi di chi per non farsela sotto ve la fa sopra sono Piazzeta Vari, via Cardinal di Rende, ma lo stesso campanile di Santa Sofia è continuamente innaffiato, tanto che sembra crescere a vista d’occhio.
La mattina, quando il signor nessuno esce di casa di buonora o per andare a lavoro o, se è domenica, fare due passi o andare a messa o per fare quel che gli pare nella sua città, ai suoi occhi e al suo naso si presenta uno spettacolo incontinente: lattine, bottiglie, bicchieri, cannucce, cartoni, migliaia di mozziconi, vomito, pisciate. Gli spazzini si danno da fare, ma gli spazzini vanno bene per pulire una città civile, mentre per ripulire un campo di battaglia ci vuole ben altro. Forse, solo un’amministrazione che si ponga il problema: come governare il fenomeno della movida?
Il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, si è reso conto della cafonaggine della movida e le ha dichiarato guerra addirittura chiedendo al prefetto l’intervento dell’esercito. Forse, è un’esagerazione, anche se chi ha esperienza diretta del vandalismo del “popolo della notte” sa che di vera battaglia notturna si tratta. Invece, il sindaco di Benevento, Fausto Pepe (e mi rivolgo direttamente a lei, sindaco, così diamo a ognuno le proprie responsabilità senza girare intorno alla cosa) pur conoscendo bene il fenomeno della movida – sia perché informato dai cittadini e dai comitati di quartiere, sia perché gli stessi consiglieri comunali fanno parte del “popolo della notte” – ha concesso spazi e piazze che amplificano il fenomeno dell’anarchia musicale e delle minzioni notturne nella case altrui e, per contropartita, ha preso alcuni provvedimenti (parcheggi, multe e gabinetti itineranti) che, però, non fa rispettare. Insomma, fatta la legge, trovato l’inganno (con il permesso dei controllori). Risultato: il centro storico è un campo di battaglia e il suo cuore, ora noto a tutto il mondo grazie all’Unesco, è diventato un grande vespasiano a cielo aperto.
Salerno e Benevento sono le due città longobarde della Campania. Mentre, però, Salerno non ha beneficiato del riconoscimento internazionale dell’Unesco, Benevento è stata riconosciuta, giustamente, capitale o ducato della “Longobardia minor”. Si dà il caso, però, che Santa Sofia sia proprio al centro del vespasiano: i “cafoni e balordi” – per usare il linguaggio del sindaco di Salerno – pisciano, sporcano, bivaccano a pochi metri dalla chiesa e dal chiostro. Gli amministratori locali di giorno cantano le lodi di Santa Sofia e di notte si uniscono a “quelli della notte” per una “notte gialla” senza limiti in cui gli abitanti del centro storico chiamano inutilmente il 112 e il 113 per poter dormire almeno dalle 2 in poi senza dare la caccia, armati di secchio e bacinella, al pisciator scortese.
Se vuole un consiglio non richiesto, gentile sindaco, faccia qualcosa di serio prima che la movida cafona e la pipì selvaggia le si rivoltino contro.