di Fausto Pepe*
(Sanniopress) – Leggo sempre con attenzione gli spunti che arricchiscono gli editoriali di Isaia Sales. E’, dunque, con la stima di sempre che intendo confutare alcune tesi alla base del suo pezzo apparso ieri sul Corriere del Mezzogiorno.
In particolare mi pare quantomeno esagerato far discendere, come per sillogismo, dal malcostume dei doppi incarichi di alcuni rappresentanti istituzionali (il discorso non si può circoscrivere ai soli Presidenti di Provincia) l’inutilità assoluta di enti territoriali che come lo Stato, così è sancito dalla Costituzione, costituiscono la Repubblica Italiana.
Da sindaco di Benevento, poi, anche sulla base dei fatti citati da Sales, da cui si evince che solo il Sannio in Campania può vantare un Presidente di Provincia ‘a tempo pieno’, di certo non potrò essere tacciato di campanilismo. Ma non è questo che mi interessa, anzi.
Partendo proprio da alcune considerazioni relative alle province ed al contegno assunto in occasione della recente, ultima solo in ordine di tempo, emergenza rifiuti del napoletano, vorrei ribadire un concetto semplice: non è possibile biasimare, neanche in via incidentale come fatto nell’articolo di Sales, le province che stanche dei continui sversamenti di rifiuti si sono permesse di protestare.
E qui l’accusa di campanilismo può arrivare con maggiore facilità, ma pazienza.
Non è certo la logica dell’intoccabilità del mio giardino che mi spinge in questa analisi, quanto piuttosto la prospettiva che si vuol fornire alle aree interne della Campania. Mi spiego. Sono anni, quasi due decenni, che la stragrande parte delle emergenze rifiuti viene risolta dall’apertura di discariche ed impianti nelle province dell’entroterra. Davvero non se ne può più. Non ne possono più i cittadini-residenti che protestano, non ne possono più gli amministratori che vengono sopraffatti dai decreti emergenziali, non ne possono più gli attori economici e sociali dei territori devastati. Tutte le migliaia di tonnellate di rifiuti che giacendo a terra nelle strade di Napoli e riprese dalle telecamere hanno fatto prendere coscienza all’Italia di una ferita profonda, sono oggi stipate nelle colline delle nostre province.
Quest’ultima, una ferita di cui bisogna ancora prendere coscienza! E, ne sono fermamente convinto, i primi a volgere lo sguardo altrove, per decenni e quindi senza distinzione di schieramento, sono stati i rappresentanti di quelle classi dirigenti che a Napoli hanno giocato il proprio ruolo individuando obiettivi e priorità che, sui rifiuti in particolare, si sono dimostrati fallimentari. Un apparato trasversale alla sinistra e alla destra che, di volta in volta, ha superato la soglia massima di tolleranza consapevole che il palliativo alle emergenze poteva essere individuato in decreti o sversamenti emergenziali. Esattamente come avvenuto con l’ultimo provvedimento firmato dal presidente Caldoro e che, grazie alla scelta delle Province di ricorrere alla giustizia amministrativa, potrebbe essere davvero l’ultimo.
Non è in discussione il principio della solidarietà tra le parti di un solo corpo, come deve essere la Campania se si vuole tentare un reale rilancio. Qui sul tavolo c’è l’equità di trattamento che deve essere riservato ai 6 milioni di abitanti della regione, che in maggioranza non vive a Napoli.
Quindi, sulle Province la si può pensare come Berlusconi e le destre che ne hanno proposto l’abolizione, o come meglio si crede, ma di certo non è possibile mescolare questo tema con la gestione dei rifiuti.
Su quest’ultimo argomento bisogna comprendere, piuttosto, se abbia ancora ragion d’essere l’ente Regione.
* sindaco di Benevento
(tratto da pag. 12 del Corriere del Mezzogiorno)