di Antonio Tretola
(Sanniopress) – Il superamento di ogni confine spaziale, la cancellazione di un confine definito, in nome dell’universalità della bellezza; tra la teoria di organismi politici che sono apparsi sulla scena, l’Unesco (che dallo scorso fine settimana, ha accolto la città di Benevento tra le sue prestigiose mura), sarebbe quello che avrebbe mandato in solluchero Immanuel Kant: secondo il luminoso filosofo tedesco, il giudizio estetico, la facoltà in base alla quale l’uomo discerne il bello, è l’essenza dell’universalità, ciò che davvero accomuna tutti gli uomini.
Ed il senso dell’Unesco è proprio qui, unire in un’unica, sconfinata, comunità della bellezza, tutto il mondo. Oltre le divisioni, oltre i confini geografici, la bellezza congiunge una splendida chiesa longobarda a Piazza del Campo (Siena), la catena montuosa delle Dolomiti al centro storico di Napoli: cos’hanno in comune, se non semplicemente la bellezza, l’essere cioè un “patrimonio comune”.
Ubi bene, ibi patria (dove c’è il bene, lì è la patria) dicevano gli Stoici, dove c’è il bello,la storia, l’arte quella è la patria, correggono le Nazioni Unite.
Ma oltre ad un comprensibile sentimento di giubilo, l’ingresso in un club così esclusivo, così colmo di significati, rappresenta per il Sannio, al contempo, un’occasione imperdibile, come pure un’enorme responsabilità.
Da oggi, quella piazza, dove “i fidi ed invitti Longobardi” (come lì definì Manzoni che impazziva per loro) vollero lasciare cotanta testimonianza della loro “barbarie” (!), non è più solo una proprietà della città di Benevento, ma un comune patrimonio appartenente a tutti gli uomini del mondo. Gettarvi una lattina o una bottiglia, sarà come rovesciare una birra addosso ad un tedesco, ad un francese o ad un fiorentino. Chi lo farebbe senza motivo? Giocarvi a calcio, sebbene Saviano abbia lumeggiato la bellezza del “calcio di strada” in un recente, magnifico racconto, sarebbe come entrare al Louvre e tirare una pallonata dritta in fronte alla “Gioconda”. Un gesto che eviterebbe anche il più buzzurro dei ragazzacci. Come elementare sarebbe anche intitolare la piazza ( come rilancia il prossimo numero del settimanale Messaggio d’oggi) a coloro che l’hanno impreziosita, ai Longobardi. Giacomo Matteotti, un faro della democrazia italiana, uomo colto e brillante, non si offenderebbe.
Questa grande conquista è, comunque, una responsabilità per tutto il Sannio perchè l’Unesco è anzitutto cultura e quest’ingresso deve imprimere nel tessuto della città l’unica identità che può rincorrere, l’unica rivoluzione che può combattere: la cultura, come un simbolo, quasi come una religione.
E’ uno sforzo collettivo cui dovranno concorrere tutti i centri che producono questo “petrolio” immateriale: le scuole dovranno insegnare anche ad apprezzare la bellezza della nostra città ed i giornali (loro proprio loro), educare all’arte, avere il coraggio di parlare di storia, di Longobardi e civiltà medievale, di senso estetico e valorizzazione della cultura. E’una sfida imponente, lanciata alla nostra città dall’Onu, la regina di tutte le istituzioni politiche: millanta grida manzoniane dei nostri solerti politici, non scomodano un funzionario della Regione Campania, una chiesa, ha incantato nientemeno che le Nazioni Unite: è la cultura, bellezza.