di Giovanni Pio Marenna
(Sanniopress) – Ogni qual volta che una banda criminale (grossa o piccola che sia) viene sgominata è sempre un punto a favore della giustizia, della legge e dell’onestà. La retata che ha permesso di catturare grossi pesci del clan Nizza è l’ultimo degli esempi. La criminalità organizzata sguazza nell’apparente penombra dell’ormai ex isola felice. Le attività illecite proliferano alle spalle della cittadina. Chi lo sostiene da sempre, chi da tempo mette in guardia su una zona d’oscurità che si è allargata a macchia d’olio a Benevento e che coinvolge molti insospettabili è Gabriele Corona. Da anni in lotta contro il malaffare insieme con la sua associazione, Altrabenevento, ha contrastato con tutti i mezzi che aveva a disposizione ciò che puzzava di sbagliato, inquinante, dannoso, illecito, ingiusto, disonesto, corrotto (i casi Zamparini e Luminosa e il concorso Amts, tanto per ricordare gli ultimi tre più clamorosi).
Quello che ha passato Gabriele Corona nell’ultima settimana non deve essere stato facile. Prima additato da “Il Giornale” (anch’esso assurto da tempo al ruolo di ex) come giornalista coinvolto nell’inchiesta P4, poi la notizia del suo trasferimento dal Settore Urbanistica del Comune di Benevento, dove lavora da anni come dipendente. Quest’ultimo è, per il momento, un pericolo scampato. L’impressione è che sarebbe stato l’ennesimo trasloco punitivo nei confronti di chi, quotidianamente, lotta contro la criminalità, denunciando tutto ciò che puzza di marcio. Corona, in un’intervista, ha esposto il sentore che la notizia del suo trasferimento c’entrasse con l’avvio del Piano Comunale Urbanistico e con l’approvazione dei progetti Piano Casa e “housing sociale” (sul quale lui aveva già denunciato la stranezza dell’operazione e la sua inutilità), nonché con un concorso che, ha lasciato intendere, sembrava fatto su misura per la dirigente facente funzione, Lombardi, e che lui aveva fatto rilevare. Fosse vero il motivo, sarebbe gravissimo. Una ritorsione verso chi ha l’unica colpa di perseguire la verità? Addirittura una punizione verso chi fa notare delle incongruenze?
Eppure spesso è proprio questo il destino dei cavalieri senza macchia, la ricompensa per l’impegno concreto delle tante persone con la schiena dritta che, come Corona, si battono perché credono fortemente che il primo passo per battere l’illegalità sta nel denunciare chi la pratica, nel raccontare le malefatte e non avere paura delle eventuali conseguenze, di tutti coloro che sono alla ricerca costante della verità. Non di quella relativa, ma di quella definitiva sui tanti casi di marciume visti in questi anni. Corona ha in testa una sola parola: legalità. S’è sempre battuto per predicarla ad alta voce. Quando è stato nel mirino di qualcuno, che non voleva si parlasse di certe notizie scottanti ed inquietanti, è per una sola ragione. Nelle sue tante battaglie, Corona, rispetto alla bevanda che porta il suo cognome, non ha mai dato a berla, non s’è mai inventato niente, ha sempre dimostrato con le carte nero su bianco ciò che affermava, è sempre andato fino in fondo, non s’è mai fermato alle apparenze, non ha mai mollato la presa. E, soprattutto, non s’è mai lasciato intimidire. E’ questo che dà fastidio. La verità infastidisce. E’ come uno specchio, verso il quale chi sa di aver commesso reati non ha il coraggio di guardare, ma che, anzi, vorrebbe frantumare. E’ la verità a fare male perchè fa paura. E spesso, grazie a persone coraggiose come Corona che non si girano dall’altra parte, riesce a scoperchiare pentoloni scomodi e, qualche volta, anche a smuovere le coscienze sporche.