di Giancristiano Desiderio
Il presidente del Movimento neoborbonico, professore Gennaro De Crescenzo, ha la pretesa di giudicare la storia con la politica. Prova così a rilanciare quella vulgata neoborbonica sulla storia del Risorgimento che, ormai, per le molte e documentate smentite che ha ricevuto, si è rivelata una infondata pubblicistica antirisorgimentale. Non varrebbe neanche la pena rispondere perché le cose che il professor presidente scrive sono così confuse e arbitrarie che si giudicano da sole. Solo, dunque, una breve nota per non tediare i lettori.
Gli argomenti del presidente neoborbonico non sono contrari a me ma alla logica, alla storiografia e ai documenti. Infatti, che a Pontelandolfo ci furono 13 morti lo dicono gli archivi parrocchiali che furono redatti dagli stessi preti che secondo i neoborbonici erano morti. Evidentemente i fantasmi sanno scrivere. Ma a confermare che ci furono 13 morti ci sono anche altre fonti indipendenti che, invece, Gigi Di Fiore, citato dal prof. De Crescenzo, non considera: la lettera della signora Lombardi di Pontelandolfo datata 3 settembre 1861 e l’intervista del testimone oculare sergente Sacchi che era rinchiuso nella torre di Pontelandolfo e che fu liberato. A queste fonti, inoltre, bisogna aggiungere le molte memorie dei pontelandolfesi del tempo che mai – dico: mai – parlano di centinaia o migliaia di morti che, invece, se ci fossero stati avremmo ritrovato nelle cronache del tempo. Per quanto riguarda i numeri di Aprile siamo nel campo della magia e non della storia. Persino le fonti che il prof. De Crescenzo prova a citare, ad esempio la testimonianza di Margolfo, non parlano di centinaia di morti e non sono in contrasto con il numero delle 13 vittime. Del resto, neanche la testimonianza del deputato Giuseppe Ferrari, che visitò Pontelandolfo, riferisce di centinaia di morti.
Poi, naturalmente, il telegramma di Cialdini. Qui si raggiungono vertici di involontaria comicità che, purtroppo, non è solo del prof. De Crescenzo: se la strage dei 40 soldati, che erano inermi perché prigionieri, ci fu l’11 agosto e se il telegramma di Cialdini ci fu il 10 agosto, come è possibile riferire il telegramma a fatti che ancora non erano accaduti? E’ evidente che il telegramma si riferisce ad altro: a ciò che avvenne a Pontelandolfo tra il 7 e il 9 agosto con la presa del paese da parte della banda Giordano e gli assassinii di quattro innocenti. Il mancato recapito tempestivo del telegramma al colonnello Negri, che lo ricevette solo la sera del 13 agosto 1861, determinò quanto avvenne dopo: la banda Giordano, che voleva sorprendere i soldati di Melegari con un agguato, fu invece a sua volta sorpresa dall’inatteso arrivo dei soldati di Negri.
Come si può capire la storia di Pontelandolfo, intorno alla quale i neoborbonici hanno cercato di costruire un mito, è davvero tutta un’altra storia che il lettore se vorrà potrà leggere nel mio libro Pontelandolfo 1861. Tutta un’altra storia ora in uscita con l’editore Rubbettino. Qui i documenti non sono piegati ad una teoria, né svalutati, tantomeno nascosti.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 3 gennaio 2019