di Giancristiano Desiderio
Il vento freddo dell’ultimo dell’anno si è portato via l’ultimo storico liberale di Benevento. Volevo bene a Gennaro Papa e lui ne voleva a me. Così ora lo ricordo sorridendo e con malinconia. Lo avevo incontrato nel suo studio nei giorni a ridosso dell’Immacolata e ci eravamo intrattenuti a parlare insieme con l’amico Antonio De Nigro mentre la fedele segretaria di Gennaro – voleva che lo chiamassi così, semplicemente con il suo nome – la signora Adele, sempre premurosa, andava e veniva. Mi rendo conto ora che ho avuto la fortuna di raccogliere le ultime parole di Gennaro Papa con le quali rievocò la sua giovinezza, gli studi, gli anni del liceo, la conoscenza di don Raffaele, la fondazione del Partito democratico liberale: “Partecipai alla nascita del Partito democratico qui a Benevento. Lo costituimmo in via Verdi numero 1. Io facevo l’ultimo anno di liceo ma non era facile uscire dal collegio. Allora ricorrevo ad un piccolo stratagemma: il professore Tancredi chiudeva un occhio e mi concedeva l’uscita se in cambio gli compravo un bicchiere d’acqua di Telese”. Potrà sembrare strano e curioso ma il primo partito democratico nacque a Benevento e il giovanissimo Gennaro Papa fu uno dei suoi “padri costituenti”.
Per ragioni anagrafiche, ho conosciuto Papa nell’ultima stagione della sua lunga vita così ricca di battaglie politiche e culturali. Il suo nome in famiglia, quando ero ragazzino, ricorreva nei discorsi di mio nonno, Michele Melenzio, perché negli anni Sessanta, dopo esser entrato alla Camera e, di fatto, aver preso l’eredità politica di Raffaele De Caro, Papa aveva trovato ostacoli alla sua affermazione e rielezione in Parlamento proprio all’interno del Pli. Lo ricordava lui stesso con quel sorriso signorile che lo caratterizzava: il suo antagonista era un altro grande liberale come Salvatore Valitutti (che ho fatto in tempo a conoscere) che anche nel Sannio, proprio attraverso la figura di mio nonno, raccoglieva consensi e simpatie. Così quando l’ho incontrato anni addietro mi è sembrato di imbattermi un uomo che conoscevo da sempre, quasi uno di famiglia. Insomma, la famiglia liberale che lui stesso ricordava con affetto e con ammirazione anche quando, come nel caso di Valitutti, si trattava di suoi “avversari”. Trovo allora che le parole che Giovanni Leone dedicò alla memoria di Raffaele De Caro nel discorso di commemorazione alla Camera siano giuste, vere e adeguate anche per il suo erede politico nel Sannio: “L’uomo fu semplice, nella vita familiare e nella vita pubblica, anche quando fu in posti di alto rilievo: generoso, perché se ebbe nemici, non ne ricordò mai il volto né il nome e li confuse con gli amici, ma anche fiero ed intransigente, e di profonda probità morale”.
Gennaro Papa è stato e sarà ricordato come l’erede di De Caro che lui, come tanti altri, chiamava don Raffaele. Tuttavia, si sbaglierebbe a credere che il passaggio da De Caro a Papa fu fortuito e dettato dalle circostanze. Tutt’altro, Gennaro Papa fu l’erede politico e culturale di Raffaele De Caro e quell’eredità seppe conquistare sul campo non solo con le ripetute elezioni ma anche con un rafforzamento della stessa presenza liberale nella provincia di Benevento, dove la concorrenza e la presenza della Democrazia cristiana erano gigantesche, e dando un validissimo contributo al Pli di Giovanni Malagodi. Fu lo stesso Malagodi con una lunga e bella lettera del 7 gennaio 1980 a riconoscere il ruolo di Papa nel liberalismo nazionale: “A te, come a pochi altri amici, vorrei chiedere un contributo personale di ricordi e di valutazioni, a partire dall’inizio della tua attività di liberale lato sensu sino ad oggi (…). La tua conoscenza della lotta politica e del partito è lunga e intima. Tutto quello che potrai dirci sarà utile od utilissimo”. Del resto, il giovanissimo Gennaro Papa non tentennò quando dovette dire una piccola bugia ai suoi e scappare a Roma per sentire al Quirino al congresso del partito il discorso di Benedetto Croce e stringergli la mano: “La segretaria di Croce gli presentava chi si avvicinava per salutarlo. Quando fu il mio turno disse che ero di Benevento e il grande filosofo si interessò a me e chiedeva informazioni, notizie”. Il Partito liberale di Croce si fuse con il Partito democratico liberale di De Caro e fu proprio De Caro, dopo che il filosofo ritornò dalla sua importante “parentesi” politica nuovamente al pensiero e ai suoi studi, a subentrargli alla presidenza del partito. Il filosofo, come emerge molto bene dai Taccuini di lavoro, aveva stima di Raffaele De Caro e, infatti, Gennaro Papa, con una luce negli occhi, mi disse: “Croce di De Caro diceva ‘non lo fate parlare in pubblico ma seguitelo da un punto di vista politico perché ha un ottimo intuito’ e il grande filosofo e grande liberale aveva proprio ragione”. Aveva non solo un grande intuito politico, come dimostrò nel rapporto con Giovanni Amendola e durante la dittatura di Mussolini, ma anche una fede nella libertà e nel risorgimento che furono la guida della sua vita professionale e morale. La stessa fede liberale che ha contrassegnato la vita politica di Gennaro Papa.
Quella fede che testimoniò ancora una volta in quello che, forse, è stato il suo ultimo discorso pubblico: alla Biblioteca Michele Melenzio in occasione della donazione di libri che volle fare. Qui tutto torna. Sì, perché il suo nome, quello di mio nonno e di Salvatore Valitutti si ritrovarono insieme in un luogo di cultura nato dalla stessa fede nella libertà e nel valore della tradizione liberale. In quell’occasione Gennaro Papa, con i suoi splendidi 90 anni, tenne un discorso semplice e vero nella sua semplicità. Disse: “Dividetevi e contrastatevi, acconsentite e dissentite, giudicate e criticate ma abbiate sempre fede nella libertà che a tutti noi è Giove e per suo mezzo e per suo fine possiamo essere migliori di ciò che siamo e pronti a lottare e lavorare per continuare ad essere uomini liberi”. Il discorso giovane di un vecchio che sentiva intorno a sé la decadenza della libertà e ancora una volta ne testimoniava cristianamente e laicamente la salda e necessaria fede.