di Gennaro Malgieri
Non s’era mai vista prima d’ora, nell’ormai lunga storia dell’Italia repubblicana, una coalizione di governo tanto litigiosa, contraddittoria, incompatibile, perfino antipatica a tutti i ceti e le categorie produttive (tranne ai fannulloni che attendono assistenza gratuita e e frustrati che detestano chiunque e qualsiasi cosa fino a rappresentarsi come la quintessenza del “cattivismo”). Un primato nell’odiarsi e contemporaneamente nello stare insieme che costituisce un caso unico in Europa.
Tav, Tap, Terzo valico, legge Fornero, reddito di cittadinanza, tagli alle cosiddette “pensioni d’oro” (d’oro sono soltanto per Di Maio e soci), vaccinazioni ed altre cosucce del genere quotidianamente rimbalzano alla nostra attenzione non come problemi affrontati e risolti, ma come temi di insanabile divisione tra pentastellati e leghisti. Tutti insieme, appassionatamente odiandosi, ci raccontano poi che il “contratto di governo” (anche questa non s’era mai sentita prima) è solido e ad esso, sempre appassionatamente, resteranno fedeli per i prossimi quattro anni e mezzo. Ci hanno preso per coglioni, con tutta evidenza. Oppure il loro disegno è quello di durare a scapito di ogni ragionevole dubbio dei cittadini che li hanno votati e a dispetto di coloro che non lo hanno fatto; di durare, insomma, soltanto per assecondare la loro libidine di potere.
Non si spiegherebbe diversamente l’astio che ministri e parlamentari dei due schieramenti copiosamente mostrano vicendevolmente. Vogliono, ognuno nella porzione stabilita, comandare, mostrare i muscoli, fare la faccia feroce. Poi, se non concludono nulla, poco gl’importa. È per loro già un apprezzabile risultato aver affermato il principio che si può tenere un Paese in scacco mettendo in scena una parodia di governo. Tanto a pagare saranno i cittadini.
E il conto sarà salato. Da settembre hanno rotto le scatole con quel 2,4% di deficit minacciando fuoco e fiamme contro l’Europa e l’universo mondo; i soli pentastellati, a dire la verità, hanno avuto la spudoratezza di affacciarsi perfino dal balcone di Palazzo Chigi (nessuno aveva osato tanto: alla faccia della sobrietà) , per gridare da giacobini in sedicesimo, macchiette di una rivoluzione d’avanspettacolo, la loro euforica presunta vittoria sulla Commissione europea con il risultato di far salire lo spread alle stelle e poche settimane dopo accucciarsi ai piedi di Juncker, Moscovici, Dombrovskis, che non sembrano folli anti-italiani in assetto di guerra, per mitigare le loro pretese ed evitare (ma non è ancora detto) la procedura di infrazione. A tal fine sembra si accontentino di abbassare le loro pretese al 2%, pur sempre oltre le aspettative europee, che dalla manovra economica risulterà ampiamente inadeguato sia per il reddito di cittadinanza che per riformare la Fornero. Bel risultato. Intanto, tra chiacchiere e minacce se ne sono andate in fumo ingenti risorse economiche che statisti come Di Maio e Salvini considerano evidentemente spiccioli…
E questo sarebbe il governo sovranista e populista che il mondo dovrebbe invidiarci? Ma ci facciano il piacere.
Esaurita la sbornia anti-migratoria, con gli sbarchi pressoché finiti, grazie anche alle politiche precedenti l’avvento dell’esecutivo gialloverde, se vogliamo essere onesti, non ci sembra che molto altro si veda di clamoroso, a meno di non voler considerare – e forse lo è, ma nel senso di “eccentrico” – Salvini in felpa che fa anche il ministro degli Esteri creando non pochi imbarazzi o quando si mette alla guida di una ruspa per abbattere, a beneficio delle telecamere, muri di cinta di abitazioni di mafiosi. Ma qualcuno gli chiede se gli italiani sono o si sentono più sicuri? Noi guardiamo i telegiornali, non certo ostili alla maggioranza di governo, e francamente ci sembra che siano bollettini di guerra. Per non parlare della dilagante criminalità nelle varie regioni dove bande di delinquenti, quasi mai fermate per tempo, terrorizzano famiglie con veloci rapine, talvolta ad imitazione di “Arancia meccanica”, come da tempo ormai accade nel Sannio tanto per ricordare un territorio che sembra abbandonato.
Ma che cosa volete che sia. Dalla Campania i giovani fuggono e nessuno li trattiene: in vent’anni dalla nostra regione se ne sono andati in 463 mila, moltissimi laureati: la tendenza non si è attenuata dal 4 marzo, inizio della nuova èra. Basterà un po’ di elemosina governativa per tamponare l’emorragia? Ne dubitiamo. E se fosse, anche su questo M5S e Lega non sono d’accordo. E neppure lo sono sullo smaltimento dei rifiuti sempre in Campania, non meno che altrove. E neppure sul piano vaccinale; e nemmeno sui sussidi ai profughi, rifugiati o migranti. E allora?
Dureranno, dicono. Il potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giorgetti, ha detto che “questa Italia”, per come la vorrebbero i grillini, non gli piace. La risposta di Di Maio non s’è fatta attendere: “A noi piace tutta l’Italia”, ha detto. Più povera, più spopolata, più incattivita, meno sicura, eccetera eccetera eccetera.
La domanda è ovvia, ancorché inutile: ma perché dobbiamo sopportare l’inettitudine come forma di governo che genera litigi nella stessa coalizione al potere? Sembra di vivere un incubo. E se la rassegnazione si fa strada sarà anche peggio di un film dell’orrore. Da noi, a differenza che altrove, non si vedono né gilet gialli, né fanciulle a seno nudo che manifestano contro il potere. Gialla è il colore della rabbia repressa con annesso mal di fegato; nudo è il governo che finora ha sfornato soltanto promesse illusorie. Litigando, ovviamente.