di Alessandro Liverini
Settantacinque anni fa la grande storia attraversava Telese.
Il corso della Campagna d’Italia – il complesso delle operazioni militari di liberazione della penisola italiana dall’occupazione dell’esercito tedesco – ebbe origine con lo sbarco delle truppe anglo-americane in Sicilia, il 9 luglio 1943 e terminò con l’insurrezione generale di Genova, Torino e Milano, il 25 aprile 1945. Esso si sviluppò su due parallele linee di azione bellica, tendenti a far indietreggiare, da sud a nord, la Wehrmacht del generale Kesserling: la linea adriatica, impostata dalla 8ª armata britannica, a partire dagli sbarchi di Bari e Termoli e la linea tirrenica, impostata dalla 5ª armata americana con l’operazione Avalanche e lo sbarco di Salerno.
Dopo la conquista di Benevento, consolidata il 4 ottobre 1943, le truppe alleate iniziarono a preparare l’attraversamento del fiume Volturno, lungo il quale era collocata la omonima linea difensiva tedesca, eretta per rallentare l’avanzata verso la linea Gustav.
I soldati della 45ª USID (divisione fanteria americana) raggiunsero il Volturno, passando a nord del Taburno, nella valle del Calore. Diversamente, i soldati della 34ª USID passarono a sud, attraversando Montesarchio e Sant’Agata dei Goti.
Alla 45ª USID – divenuta poi celebre per aver liberato il campo di concentramento di Dachau il 29 aprile 1945 – fu assegnato l’obiettivo di sottrarre le alture telesine (Monte Pugliano, Monte Acero, Monte Erbano) al controllo dei tedeschi, onde evitare che da qui potessero partire cannoneggiamenti difensivi sulla piana del Volturno.
Telese si trovava al centro dell’asse latitudinale di una linea difensiva provvisoria tedesca denominata Teja. L’obiettivo era di mantenere il controllo del territorio telesino il più a lungo possibile e, comunque, di ostacolare con ogni mezzo l’avanzata verso il Volturno dell’esercito alleato.
I tedeschi occuparono Telese il 9 settembre 1943, con autoblindo e carri armati, provvedendo al disarmo delle truppe italiane ivi presenti (antiparacadutisti del 152° battaglione territoriale), dei carabinieri della locale caserma (situata su via Roma, nei pressi della Chiesa di Santo Stefano). S’impossessarono del deposito di benzina presente presso lo stabilimento termale, del Grand Hotel, nonché della casa del barone Costanzo Jannotti. Ingaggiarono una veloce battaglia a colpi di cannone e di mortaio con le truppe americane il 12 ottobre. I tedeschi si erano appostati sul Monte Pugliano; gli americani sulla collina delle Tore, nel comune di Castelvenere. Qualche colpo cadde nel centro abitato. Prima di abbandonare Telese, i tedeschi abbatterono alcuni platani, posizionandoli trasversalmente lungo via Roma, danneggiarono alcuni edifici al quadrivio, nonché la casa comunale e il cimitero.
Sono due gli episodi più significativi del passaggio della seconda guerra mondiale a Telese.
Il primo fu il rastrellamento di 124 civili. Il 9 ottobre 1943 – con gli americani giunti alle porte di Telese (179° reggimento fanteria), coadiuvati dai cannoneggiamenti della 45ª USID – i tedeschi rastrellarono sul territorio comunale 124 uomini, da utilizzare nella zona di Faicchio per scavare trincee. Tra questi figura Vincenzo Bisesto (nato a Telese il 21 gennaio 1926). Egli risiedeva all’interno delle terme, essendo figlio del ragioniere e custode dello stabilimento, Giovanni Bisesto, giunto a Telese da Grazzanise con la moglie Anna Bertone, originaria di Nocelleto. Tutta la famiglia Bisesto dimorava in un’abitazione (oggi non più esistente) posta nella zona del Cerro. Il pomeriggio del 9 ottobre 1943 Vincenzo Bisesto, che si trovava a conversare con un gruppo di amici nei pressi della propria abitazione, vide avvicinarsi a velocità sostenuta una vettura militare con a bordo due soldati tedeschi. A causa di una scivolata, non riuscendo a scappare come avevano fatto gli amici, fu preso. Pochi minuti dopo, condotto nel quartiere acqua fetente di Telese, probabilmente per essere aggregato alla colonna di uomini già rastrellati da inviare a Faicchio, approfittò della distrazione dei due tedeschi, intenti a rimediare all’inceppamento del mitragliatore, e fuggì, passando la notte presso l’abitazione della famiglia Limata, che provvide a nasconderlo.
Buona parte dei rastrellati riuscì a tornare a Telese. Si liberarono nel corso di un improvviso bombardamento alleato avvenuto a Faicchio il giorno 11 ottobre. Altri non ritornarono.
Il secondo episodio di rilievo, completamente rimosso dalla memoria pubblica locale, è l’uccisione – avvenuta nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 1943 – di una bambina di undici anni. Si trattava di Antonina Fusco, nata a Telese nel 1932 e dimorante al numero 20 della Contrada Piana con il padre, Antonio, la madre Domenica Lombardi e tre fratelli.
L’episodio è narrato da Alfredo Zazo nel volume L’occupazione tedesca della provincia di Benevento (8 settembre – 28 ottobre 1943), A. Morano editore, 1944, nonché nel volume di Simon Pocock, Campania 1943. Volume IV. Provincia di Benevento, Three Mice Books, 2009. È riportato, peraltro, nell’atlante delle stragi nazifasciste sul sito internet www.straginazifasciste.it, istituito dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri (ex Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia) e dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Le versioni fornite non sono del tutto concordanti. Zazo e l’atlante riportano la data del 27 ottobre 1943. Pocock riporta, invece, la notte tra il 22 e il 23 ottobre. La versione corretta è quella di Simon Pocock, come risulta dal registro anagrafico del Comune di Telese. Qui il tempo della morte è inequivocabilmente fissato alle ore 5:00 del 23 ottobre 1943, con dichiarazione avvenuta alle ore 11:00 della medesima giornata.
Inoltre, non è mai stato accertata l’identità dell’autore dell’azione omicida. Se è pacifico che il colpo mortale partì dal fucile mitragliatore di un soldato straniero – che parlava un italiano improvvisato e che aveva chiesto ospitalità alla famiglia Fusco per poi perdere il controllo in uno scatto d’ira – non ne è mai stata accertata la nazionalità. Zazo e l’atlante parlano, senza sollevare dubbi, di un soldato tedesco disertore. Pocock, aggiungendo ulteriori particolari alla narrazione della vicenda (il contenuto della conversazione con il signor Antonio Fusco e l’arresto del soldato il mattino seguente ad opera della polizia militare americana) ventila l’ipotesi che il responsabile dell’atroce delitto fu un soldato americano disertore. A sostegno della tesi riporta la testimonianza del fratello della vittima.
In effetti, se si considera che le truppe tedesche aveva abbandonato il territorio telesino nella notte tra il 13 e il 14 ottobre, sembra inverosimile che un disertore tedesco potesse trovarsi a Telese dieci giorni dopo.
La lacuna più grande e insopportabile è, però, nella nostra memoria pubblica. A parte i familiari e gli amici più stretti, nessuno più ricorda quel triste episodio.Nel monumento ai caduti posto dinanzi alla scuole elementari di Telese compare, fra le altre vittime civili, il nome “Antonio Fusco”, in luogo di “Antonina Fusco”.
Ricordare Antonina è un dovere morale di ogni telesino e di ogni sannita.