di Giancristiano Desiderio
Il governo del cambiamento è un ministero giustiziere e se credete di essere al sicuro perché siete dalla sua parte avete fatto male i conti. Non basta essere giustizialisti per non essere giustiziati: solo i coglioni possono immaginare una tale scemenza. I giustizialisti di ieri, quelli che giravano in tondo, non sono stati superati dai giustizialisti di oggi? Sotto governi di questa natura si è al sicuro fino a quando non si è sospettati ma basta un piccolo sospetto, un incidente da nulla, una spiata o una calunnia e ci si ritrova in disgrazia o in galera. Il sospetto non è un’anomalia dell’esecutivo ma il suo modo di procedere. Chi si oppone al cosiddetto cambiamento è prima sospettato, poi accusato, quindi additato e dulcis in fundo lapidato. La prassi è oleata: è capitato con i vitalizi, con i pensionati, con l’aereo presidenziale, con i giornalisti, con i “raccomandati e parassiti” Rai e anche con Andrea Mura, il deputato 5 stelle eternamente in barca. Del resto, quando il M5S era all’opposizione, la sua specialità era la gogna. Ora che è al governo, la sua specialità è la lapidazione. I complottisti sono diventati inquisitori. Perché i complottisti sono inquisitori senza potere e gli inquisitori sono complottisti con il potere.
Il governo del cambiamento è uno speciale tipo di esecutivo che lo stesso presidente del Consiglio – l’avvocato del popolo, professor Giuseppe Conte – ha definito il governo dei populisti. E’ una formula ambigua eppur chiara: si intende dire che dietro il governo c’è il popolo non semplicemente come maggioranza parlamentare bensì proprio come popolo e chi si oppone al governo si oppone al popolo la cui volontà è per definizione vera, giusta, indiscutibile. Non è per nulla un caso che da una parte Matteo Salvini faccia continuamente riferimento agli italiani e dall’altra Luigi Di Maio si riferisca sempre ai cittadini. Le categorie taumaturgiche di “italiani” e di “cittadini” sono usate per giustificare le azioni e le parole d’ordine del governo che non sono tali in quanto razionali, necessarie e pratiche ma perché promanano direttamente dagli “italiani” e dai “cittadini” della cui verità i due viceministri sono gli interpreti ufficiali e il braccio secolare. Il “governo del popolo”, che è uno degli eterni miti della storia umana che una decente cultura politica ha il dovere sempre di smontare se vuole garantire libertà individuali e ordine sociale, è diventato il concetto più diffuso di una farsesca democrazia nell’ambito di una cultura di massa ormai egemone.
Casaleggio ha annunciato che il futuro non è della democrazia rappresentativa ma della democrazia diretta. Grillo che ormai siamo pronti per sostituire le scelte e le elezioni con i sorteggi. Luigi Di Maio – ministro che ha giurato fedeltà sulla e alla Costituzione – ha detto che Casaleggio e Grillo “sono stati fin troppo gentili. Incontro spesso cittadini delusi dal Parlamento: sta a noi dimostrare il contrario, che c’è un ruolo e un lavoro per il bene collettivo”. Altrimenti via tutto in nome del popolo sovrano. La cultura del governo sovranista o nazionalista lapida direttamente la democrazia rappresentativa. Sbaglia chi crede che siano discorsi risibili perché la democrazia rappresentativa – l’unica democrazia possibile – è un prodotto della storia e in particolare della storia moderna e come è nata e cresciuta così può morire. La democrazia rappresentativa, cioè liberale, ha bisogno di essere alimentata culturalmente perché il suo fondamento ultimo, oltre al monopolio della forza per controllare la violenza, è la cultura della libertà che non delega a nessuno, che sia lo Stato o il Partito o la Chiesa o il Computer – la libertà della cultura. Oggi, purtroppo, è proprio ciò che si sta facendo o è avvenuto: Salvini e Di Maio possono continuamente far riferimento al popolo e ai cittadini come a una sorta di corpo mistico di cui loro sarebbero gli “utilizzatori finali” perché da sempre nella cultura politica italiana è stato attivo questo virus totalitario con cui una parte organizzata – il Partito dei buoni, dei diversi, degli onesti – ha cercato di conquistare lo Stato e identificare in modo totale Stato e nazione. Per uscire dall’incantesimo sovranista non basta rilevare le differenze di programma tra Lega e M5S; è necessario, invece, coniugare ancora una volta libertà e nazione e mostrare che la massima espressione nazionale, il suo stesso patriottismo, è la cultura della libertà e la democrazia rappresentativa è la sua istituzione “naturale”.